Cronaca

Come la Formula 1 veniva utilizzata per riciclare denaro

inchiesta monza autodromo

 AFP

Dietro le pubblicità sui caschi di molti piloti della Formula Uno ma anche delle formule minori e del motomondiale, si nascondevano centinaia di contratti di sponsorizzazione gonfiati al centro di un’indagine di 24 procure italiane in corso da una decina di anni che conta già un’ottantina di indagati. Il 7 luglio scorso sono arrivate a Monza le prime quattro condanne nei confronti di presunti componenti dell’associazione a delinquere che avrebbe creato 80 milioni di fondi neri utilizzando il Circus per ripulire denaro in mezzo mondo. Dalle 135 pagine di motivazioni della sentenza depositate nei giorni scorsi e che l’Agi ha potuto leggere, emergono nomi, cifre e interrogatori della gigantesca inchiesta ribattezzata ‘Autodromo’ che punta a svelare il lato oscuro di uno degli spettacoli più amati dagli sportivi.

L’uomo che parlava ai piloti 

C’è una figura ritenuta centrale dall’accusa a cui il Tribunale di Monza ha inflitto la pena più alta, sette anni e quattro mesi col rito abbreviato (la Procura aveva chiesto 20 anni). Alberto Bernardoni, 60 anni, svizzero, viene definito dal gup Emanuela Corbetta “la mente” del gruppo criminale e il “deus ex machina da parte dei coimputati” che parlano addirittura di ‘sistema Bernardoni’.

Un meccanismo, che si sarebbe protratto almeno fino ai primi mesi del 2018, fondato su una miriade di società, anche offshore, e in particolare su tre società di diritto inglese (Ara Services, Ad Evolution e Proflexi Services) “prive di reale consistenza economica ed avente la funzione di stipulare contratti per la sponsorizzazione o per altre tipologie di servizi con i soggetti italiani aderenti alla frode”.

Scatole vuote, o quasi, che, stando alla Procura, “emettevano fatture per operazioni totalmente o parzialmente inesistenti nei confronti di società italiane partecipanti alla frode con oggetto contratti di sponsorship”. Alcuni testimoni e indagati indicano Bernardoni come l’uomo che si rivolgeva ai piloti per promettergli guadagni illeciti. “Il pilota Audi Marco Erminio Bonanomi, alla presenza del suo difensore – si legge nelle motivazioni – lo ha indicato come colui che gli aveva proposto la possibilità di guadagni da sottrarsi al fisco italiano, utilizzando quale società contraente Ad Evolution”.

Anche Amato Ferrari, ex pilota e ora amministratore del team Af Corse che partecipa a prestigiosi campionati internazionali tra cui il mondiale Endurance, “nell’interrogatorio del 21 aprile 2017 ha indicato in Bernardoni colui che l’aveva introdotto nel sistema delle sponsorizzazioni, prospettandogli contestualmente di ottenere guadagni personali in nero”. Piloti di nome ma anche non conosciuti al grande pubblico sarebbero stati contattati dagli uomini del ‘sistema’ e, riferiscono fonti vicine all’inchiesta, in molti casi avrebbero detto sì alla possibilità di incassare soldi sporchi. 

‘Biamax’, ‘Fisko’ e gli altri

Tra le finte sponsorizzazioni anche quelle che hanno riguardato due ‘velocissimi’ delle corse: l’ex ferrarista Giancarlo Fisichella e l’ex più volte campione del mondo sulle due ruote Max Biaggi. Stando a quanto accertato dai giudici, i loro nomi erano stati oggetto di contratti stipulati con alcune delle società creatrici di fondi neri per lo sfruttamento dell’immagine e, in particolare, per l’utilizzo dei loghi ‘Biamax’ e ‘Fisiko’. I costi effettivi della sponsorizzazione (in alcuni casi risultate addirittura inesistenti) erano di gran lunga inferiori rispetto a quanto fatturato. Sentito dai pm, “Fisichella ha disconosciuto il contratto firmato con Ad Evolution, negando di essere mai stato retribuito per alcuna sponsorizzazione”.

Stesso schema ipotizzato anche per la pubblicità di alcuni marchi pubblicizzati nell’ambito del campionato di Formula 1 dal pilota Jarno Trulli e dal campione brasiliano Felipe Massa. Nelle motivazioni vengono riportati stralci dell’interrogatorio del 25 agosto 2015 a Nicolas Emmanuel Todt (figlio di Jean, ex amministratore delegato della Ferrari), manager di Massa e di altri piloti di Formula 1. “Sentito come testimone, ha negato di avere mai avuto rapporti diretti con Ad Evolution, società che avrebbe stipulato i contratti di sponsorizzazione nell’interessa di Massa con Autoclima srl, spiegando di avere avuto come unico interlocutore l’originale coimputato Salvatore Falvo”.  Quest’ultimo, il cui ruolo è stato quello “cercare i clienti per i ‘servizi’ offerti dall’organizzazione”, ha patteggiato la pena nel luglio scorso.

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 Foto: Miguel MEDINA / AFP

 Il Gran Premio di F1 a Monza (Afp)

Agli inquirenti Todt “ha anche precisato come Massa fosse contrattualmente legato alla scuderia Marussia – Grand Prix Racing Limited, per un corrispettivo annuo pari a 40mila euro comprensivo dello sfruttamento dell’immagine, somma a ben vedere di gran lunga inferiore a quella asseritamente corrisposta dalla cliente Autoclima (600mila euro per l’anno 2008)”. Secondo la Guardia di Finanza, sarebbero stati gonfiati anche i contratti per la pubblicità nel biennio 2012 – 2013 del marchio d’abbigliamento Gaudì sui caschi dello sfortunato pilota francese Jules Bianchi, scomparso nel 2015, e di quello tedesco Timo Glock, entrambi impegnati nella Formula 1. A questo proposito, viene sottolineata dal giudice la testimonianza del presidente di Marussia – Manor Grand Prix Racong Limited, Lowdon Graeme: “Non abbiamo assolutamente incassato gli importi che vengono riportati sul contratto (stipulato dalla scuderia con una società delle Isole Vergini, ndr) che mi esibite, confermo che il team ha ricevuto solo l’importo di 60mila euro all’anno. Non conosco la Proflexi”.          

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