Cronaca

“Vi spiego perché i piloti rischiano di addormentarsi in volo”

AGI – Il 30 aprile per alcuni minuti i piloti del volo Ita New York-Roma Fiumicino non hanno risposto alle ripetute chiamate del centro radar di Marsiglia, provocando un allarme internazionale. Dura la risposta dell’azienda, con conseguente licenziamento del comandante, con il sospetto che insieme al Primo Ufficiale si fosse addormentato durante la crociera.

Di pochi giorni fa è la notizia della sospensione di due piloti dell’Ethiopian Airlines che avrebbero mancato l’atterraggio a Addis Abeba.

Due casi in pochi, pochissimi mesi che fanno scattare l’allarme sicurezza sulle principali compagnie aeree del mondo. Molto si è dibattuto sulle condizioni lavorative dei piloti nel periodo della ripresa dei viaggi: i piloti di molte compagnie che hanno avuto a che fare con turni massacranti e ritmi imponenti lamentano “troppo stress, troppo lavoro e stipendi alleggeriti”.

Ma è davvero questa la causa dell’incapacità di mantenere alta l’attenzione durante i voli? Lo abbiamo chiesto a Massimo Vicarelli, comandante, istruttore e controllore – ora in pensione – che per più di trent’anni ha attraversato i celi di tutto il mondo, durante i cosiddetti “tempi d’oro” di Alitalia.

Come commenta due episodi così ravvicinati nel tempo?

Intanto bisognerebbe effettuare un’analisi approfondita, che si fa generalmente analizzando la scatola record posta nel velivolo per poi poter affermare con certezza che i due piloti si siano effettivamente addormentati mancando come viene scritto sui giornali la pista di atterraggio, come riportato nel caso dell’Ethiopian Airlines. Ci sono delle procedute che vanno eseguite in fase di avvicinamento – quindi molto prima di atterrare – ed è impossibile che entrambi dormissero in quel momento specifico.

Può succedere dunque di non rispondere per alcuni minuti alle chiamate della torre di controllo?

Assolutamente. E per vari motivi. Quel che è vero è che i piloti sono molto più affaticati rispetto al passato, rischiando così di non essere totalmente performanti in volo. Ma questo vale anche per gli aeroplani. Spieghi meglio Il concetto è questo: più un apparecchio vola, più soldi entrano nelle tasche della compagnia. Questo fatto mette a dura prova i piloti che hanno turni di riposo sempre più brevi, ma anche gli areoplani che sono sottoposti a un lavoro più gravoso.

Colpa della frenesia del post ripresa?

Direi di no. I carichi di lavoro sempre più pesanti sono una realtà che risale a diversi anni addietro. Molto prima dell’emergenza Covid.

Cosa entra in gioco allora?

L’estrema concorrenza tra le compagnie classiche e quelle low cost, comporta un aggravamento dei turni di utilizzo, sia di aerei che del personale che è arrivato a lavorare con orari continuativi impressionanti. Ci sono degli accordi internazionali tra Stati che sanciscono i limiti massimi che una compagnia aerea può programmare per gli orari di lavoro.

Quindi vengono superati?

No. Ma questi limiti vanno considerati sempre come un massimo e non come il lavoro di tutti i giorni per tutto l’anno. Ci sono leggi che regolano l’attività massima che gli equipaggi possono fare, salvo casi particolari. Ma questo non significa che queste ore debbano essere utilizzate tutti i mesi. Sono appunto dei massimi.

Lei ha volato in Alitalia durante il cosiddetto “periodo d’oro” dell’azienda. Le è mai capitato di sentire che entrambi i piloti si fossero addormentati fuori orario stabilito?

Mai, in vita mia 

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