Cronaca

Il calo degli sbarchi in Italia e i porti chiusi voluti da Salvini 

Il calo degli sbarchi in Italia e i porti chiusi voluti da Salvini 

MEDECINS SANS FRONTIERES / AFP 

Migranti 

Dal calo degli sbarchi alla chiusura dei porti italiani passando per la riscrittura del sistema di accoglienza e il decreto sicurezza. Nel 2018 il fenomeno dell’immigrazione ha perso – numeri alla mano – i contorni dell’emergenza ma è rimasto al centro delle polemiche e del dibattito politico.

Dopo il picco di arrivi registrato nel giugno dell’anno scorso (12mila in quarantotto ore), il cambio di linea deciso dal Viminale – con al timone prima Marco Minniti e poi Matteo Salvini – ha determinato una riduzione dell’80%, dai 119 mila del 2017 ai poco più di 23 mila di quest’anno.

Ad essere praticamente azzerato è stato il flusso dalla Libia, ma i trafficanti di esseri umani sono stati pronti a riaprire le vecchie rotte per Spagna e Grecia, che sono tornate a superarci. Risultato, il numero complessivo di quanti tentano il “viaggio della speranza” resta alto e i morti nelle acque del Mediterraneo anche quest’anno sono stati oltre 2.200, in proporzione di più rispetto al passato: non a caso tra le foto simbolo non puo’ non esserci quella della camerunense Josefa, l’unica sopravvissuta ad un naufragio avvenuto in luglio, salvata in extremis dai volontari della Proactiva Open Arms.

In Italia la linea dura imposta da Salvini si è incarnata in almeno due storie da prima pagina, quella – in giugno – di nave Aquarius, accolta in Spagna dopo una lunga odissea in mare con i 629 migranti recuperati al largo della Libia e quella – in agosto – di nave Diciotti, rimasta ormeggiata nel porto di Catania per cinque giorni prima di poter sbarcare 137 tra uomini, donne e bambini in fuga da fame e guerre: un “braccio di ferro”, quest’ultimo, costato al vicepremier anche le accuse di sequestro di persona, abuso d’ufficio e arresto illegale (per le quali poi a fine ottobre la procura di Catania formulerà richiesta di archiviazione).

Non la prima, e nemmeno l’unica volta, del resto, in cui di migranti negli ultimi mesi si è occupata la magistratura: il sindaco di Riace, Domenico Lucano, papà di un ‘modello’ di accoglienza conosciuto in tutto il mondo, è finito ai domiciliari – poi revocati – con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina mentre Medici senza frontiere si è vista sequestrare Aquarius per presunte irregolarità nello smaltimento dei rifiuti di bordo.

Il nuovo governo M5s-Lega ha chiesto sin dai primi giorni del suo insediamento un maggior coinvolgimento dell’Europa, la modifica delle regole di ingaggio di EunavForMed e l’avvio della revisione del Regolamento di Dublino ma il sostanziale stallo di Bruxelles si è tradotto in un’accelerazione degli interventi sul piano interno, con il nuovo disciplinare sull’accoglienza improntato alla filosofia “più controlli meno sprechi” e il decreto approvato definitivamente un mese fa.

Se in passato si spendevano in media fino a 35 euro per immigrato al giorno, nei nuovi bandi è prevista una spesa non superiore ai 26, in alcuni casi ridotta fino a 19 euro: cifre che, secondo gli operatori, rischiano di incidere in modo pesante su quantità e qualità dei servizi e mettono a rischio la sopravvivenza dei centri più piccoli.

Con il decreto sicurezza e immigrazione, invece, è stato abrogato il permesso di soggiorno umanitario, viene ampliato il range dei reati che comportano il diniego alla protezione internazionale, si prevede l’allontanamento del richiedente asilo che commette crimini gravi. E ancora: esclusione del gratuito patrocinio per evitare “ricorsi temerari”, prolungamento da 90 a 180 giorni del trattenimento nei Cpr, accesso al circuito Sprar solo per i titolari di protezione internazionale e i minori stranieri non accompagnati.

Un complesso di norme che, secondo gli esperti dell’Istituto per gli studi di politica internazionale, lungi dal risolvere i problemi entro dicembre 2020 farà crescere il numero degli irregolari di “almeno 140 mila unità”.

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