Cronaca

Combattere il virus. La testimonianza di un medico siciliano

Questa è la riflessione che Sergio Gargano, medico palermitano, ha condiviso con i suoi colleghi impegnati come lui ad affrontare l’epidemia di coronavirus. Vogliamo, con il suo permesso, condividerla anche con voi

Ammetto che anche io ai primi casi di gennaio, a chi mi chiedeva un parere, ostentavo serenità in merito alla possibilità che la malattia arrivasse sino a noi. È vero la globalizzazione detta legge anche sulla diffusione delle malattie ma in realtà non avevo fatto i conti con il fatto che probabilmente quando è trapelato  qualcosa, in Cina era già un’epidemia, non era più sotto controllo, ed io invece ho pensato che visto i pochi casi sarebbero riusciti a contenerla dentro i confini.

Si è parlato di 8 casi per tantissimo tempo, non so se ricordate. Però probabilmente già alla fine di gennaio (dalla proclamazione dello stato di emergenza) o quanto meno dagli inizi di febbraio si poteva fare di più. Io chiaramente non ho certezza della situazione, ma sono sicuro che se l’epidemia in Italia  avesse avuto inizio al sud, Sicilia in primis, sarebbe stata un’ecatombe.

Abbiamo avuto la fortuna di avere tanto tempo in più a disposizione per la gestione in urgenza e non in emergenza. Certo la variabile dei rientri dal nord e dall’estero rende tutto più aleatorio, spero che il sistema approntato  regga all’onda dello tsunami (ma bisognerà vedere quanto sarà alta) in arrivo. Abbiamo avuto il tempo di edificare  pseudofortini e di informare il personale perché i casi non sono molti e si sono spalmati nel tempo, ma ripeto non oso pensare cosa sarebbe accaduto se arrivava in contemporanea da noi. Vi immaginate gestire il tutto con capanne (per rendere la similitudine ai fortini) e totale disinformazione?

Certo, mancano le armi, o quanto meno sono poco congrue, io sto per andare in guardia e non ho che una mascherina ed un camice monouso a disposizione, ma li tengo pronti all’uso per un’eventuale emergenza. Fatto il triage al citofono devo sperare che il mio intuito mi aiuti e che non faccia entrare gente contagiata sintomatica. Di sicuro non ho che fare per gli asintomatici, se non pregare.

Di contro come medico di medicina generale non ho neppure ricevuto una mascherina ed entrando nella casa delle persone, che ahimé continuano a stare male per altro, mi espongo tanto, ma non puoi abbandonare la gente al proprio destino, soprattutto chi è già solo, in tempi di pace, a lottare per sopravvivere, non solo contro la malattia. Non vi dico con che cuore torno a casa. Forse sono solo incosciente, dovrei restare a vivere magari in studio stesso. 
Scusate lo sfogo.

Quello che più mi disorienta è che chi muove le fila di noi burattini non può pensare a tutto, ma alcune cose le pagheremo. Per esempio abbiamo sospeso praticamente dappertutto le vaccinazioni, anche le prime: si creerà un gap incolmabile e pericoloso. Non oso immaginare le conseguenze in termini di recrudescenza di pertosse per esempio. 

Tanti interventi non urgenti, ma necessari per contrastare l’avanzare di una malattia o per eradicarla, procrastinati senza data orientativa e screening annullati. Non credo che questa sia la soluzione per evitare assembramenti, ci si può organizzare con prenotazioni distanziate pensando ai vaccini e con interventi e screening fatti in ospedali dedicati all’uopo (come contraltare agli Ospedali Covid 19). Non mi dicano che lo fanno per aumentare il personale (ossia per usarli in trincea) perché è una grande stronzata.

Scusate la lungaggine, vado e spero di aver ancora fortuna. In bocca al lupo a tutti quelli, compresi i palermitani, che avete i piedi immersi nella palude. 
Che il Signore continui a darci la forza e la speranza.
Buona giornata

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