Cronaca

Amatrice 6 anni dopo il sisma, tra lacrime e speranze

AGI – Ci sono voluti 6 anni, fatti di attese, burocrazia, scelte (non sempre giuste) politiche e avvicendamenti in cabina di regia. Ma alla fine, ora, la ricostruzione del Centro Italia ancora ferito a fondo nelle cicatrici inferte dagli eventi sismici di metà 2016 e di inizio 2017 è ufficialmente – e si spera definitivamente – partita.

Lo si vede dai cantieri, tutti aperti e operativi, che si incontrano salendo verso i Monti della Laga, i territori di Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto, lo si percepisce negli occhi, e nelle speranze, di chi quei territori non li ha mai abbandonati. Contro tutto e contro tutti.

Oggi, nel sesto anniversario di una tragedia che spezzò famiglie e vite umane – 300 il conto complessivo delle vittime, di cui 250 nella sola Provincia di Rieti, tra Amatrice (239) e Accumoli (11) -, i toni del ricordo sono, seppure di un poco, carichi di speranza. Lo si capisce da subito, dalle parole del Vescovo della Diocesi di Rieti, Domenico Pompili, alla sua ultima funzione religiosa nel cuore del cratere ad Amatrice – ad ottobre si trasferirà nella sua nuova Diocesi, a Verona -, che invita tutti ad “andare” e a “vedere con i propri occhi”.

“Finalmente c’è un cantiere in movimento – dice Pompili, accolto dagli scroscianti applausi di una popolazione che gli riconosce di esserci sempre stato, di essere sempre presente al fianco dei terremotati – Dopo l’estenuante fase iniziale, ora è il tempo della ricostruzione, ma per arrivare a quella della ri-generazione vera e propria, occorre ‘venire’. Tutti devono venire: pubblico e privato, stato e società civile, operatori economici ed ordini professionali. Senza il coinvolgimento di tutti, infatti, l’attesa potrebbe allungarsi ancora. ‘Vieni e vedi’ – ha proseguito ancora Pompili – cosa vede chi verrà? – Non solo quello che si vede ad occhi nudi, ma anche quello che va immaginato. Quel che vedremo, è l’Amatrice che sarà”.

Una Amatrice e un Centro Italia intero, fatto di 22mila richieste di avvio lavori per 7,6 miliardi di euro, delle quali 14.234 approvate con 4,3 miliardi di contributi concessi, per la sola ricostruzione privata. 7.256 cantieri completati, con la riconsegna alle famiglie di 16.520 singole unità immobiliari, il 92% di tipo residenziale e l’8% a carattere produttivo. I cantieri autorizzati oggi sono circa 7 mila”.

Questi i numeri dell’ultimo rapporto sulla ricostruzione post-sisma presentato appena due giorni prima dell’anniversario del 24 agosto 2022 dal Commissario Straordinario alla Ricostruzione, Giovanni Legnini, l’uomo che ha premuto sull’acceleratore, sbloccando la matassa di lacci e lacciuoli accumulatisi durante le precedenti gestioni (Errani, De Micheli, Farabollini).

Annunciata alla vigilia, non appare tra la folla la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, mentre è presente il segretario della Lega, Matteo Salvini. “Abbiamo come obiettivo quello di riportare la vita in questi territori, di ripopolarli, di far tornare qui le persone“. Gli fa eco da Roma il segretario Pd Enrico Letta, che rivolge via Twitter un pensiero alle famiglie delle vittime.

Nessuna polemica, se non quella del sindaco di Amatrice, Giorgio Cortellesi, che dopo avere per mesi re-intonato, al pari dei suoi predecessori, il coro di “basta passerelle” finisce con l’arrabbiarsi per quella che, a suo dire, viene considerata una presenza “di secondo piano” inviata dal Governo nazionale.

Presenza che risponde al nome del Ministro dell’Università Maria Cristina Messa, venuta in rappresentanza di Palazzo Chigi al posto del Premier Mario Draghi, impegnato al Meeting di Rimini. Ci sono i sindaci, del cratere non solo laziale, ma anche umbro e marchigiano, e poi i familiari delle vittime, come sempre non accorsi in massa ma alla spicciolata, nel rispetto delle volontà individuali di chi preferisce ricordare – e soffrire – in privato.

“Molto è stato fatto, ma molto, moltissimo c’è ancora da fare – ricorda ancora il Commissario Legnini – perchè la ricostruzione è un processo, non è un’attività che si consuma in un arco temporale ristretto”. Certo che però, a conti fatti, sei anni non sono neanche pochi.

Futuro ma anche passato, quello più buio e triste di quella notte del 24 agosto del 2016, quando alle 3 e 36 il tempo si è fermato, per non essere più lo stesso. Lo ricordano i 239 rintocchi della campana della chiesta di San Domenico, nel cuore della zona rossa di Amatrice, che ogni volta tolgono il respiro, e lo ricordano i tanti volontari, esponenti delle forze dell’ordine e del soccorso, che dai minuti immediatamente successivi si misero a scavare tra le macerie, per recuperare chi purtroppo non ce l’ha fatta, ma anche chi è riuscito a salvarsi.

Sono state 297 in tutto le persone estratte vive dalle macerie, nel corso di quasi 216mila interventi effettuati solo dai vigli del fuoco, mentre sono state quasi 7mila le persone assistite nei mesi a venire dai volontari della Croce Rossa e dai corpi di Protezione civile venuti da tutta Italia, pezzi del grande cuore del nostro Paese, che ha donato l’unica istantanea degna di essere menzionata tra i “bei ricordi” (se cosi’ si puo’ dire) di un album fotografico che tutti vorrebbero dimenticare. Ma che da dimenticare è impossibile. Oggi come allora.  

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