Cronaca

Le mani della ‘ndrangheta su Malpensa

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Giovanni Mereghetti / AGF

 Aeroporto Malpensa

Vincenzo Rispoli, Emanuele De Castro, Mario Filippelli: i nomi sono sempre gli stessi, non piegati dagli anni di carcere, che avevano ricostituito da capo la ‘ndrangheta di Legnano e Lonate Pozzolo, perpetrando le stesse logiche intimidatorie e di consenso sociale della ‘madrepatria’, ovvero Cirò Marina, in Calabria, dove impera il clan Farao-Marincola, al quale erano legati a doppio filo.

Questo è quanto emerge dall’indagine Krimisa (proprio l’antico nome greco di Cirò) che questa mattina ha portato a 34 misure cautelari in tutta Italia, condotta dai carabinieri di Milano e Varese e coordinata dalla Dda di Milano, guidata da Alessandra Dolci. Ma la novità è che questa volta il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, ovvero il 416 bis, viene contestato anche a un consigliere comunale, Enzo Misiano, talmente interno alla cosca che quando il boss di Cirò, Giuseppe Spagnolo, veniva al nord per i summit di ‘ndrangheta e per dirimere le faide, gli faceva da autista personale.

‘A latere’ però era anche stato eletto nelle file di Fratelli d’Italia, di cui era coordinatore locale, proprio a Ferno, il comune su cui insiste l’aeroporto di Malpensa. Nei palazzi guidava la “commissione Territorio e la commissione elettorale, ponendo la propria opera a disposizione del gruppo criminale, occupandosi delle pratiche amministrative pendenti, anche condizionandone l’esito e suggerendo escamotage e cavilli volti ad eludere oneri e costi amministrativi e fiscali”, scrive la gip Alessandra Simion nel firmare le 850 pagine di ordinanza, nella quale conferma le ipotesi accusatorie delle pm Alessandra Cerreti e Cecilia Vassena.

L’indagine dimostra come la forza della criminalità calabrese sia l’inserimento a pieno titolo nei gangli della politica: è il caso del comune di Lonate Pozzolo, dove lo stesso sindaco Danilo Rivolta aveva ammesso candidamente – in una precedente indagine – di aver ricevuto un pacchetto di 300 voti dai clan; in cambio, la nipote di un boss, Francesca De Novara, era stata nominata assessore alla Cultura. Nel corso delle intercettazioni i mafiosi ricordavano la ‘confessione’ del sindaco Rivolta, la cui giunta poi cadde proprio a causa degli arresti: “Lo scemo che avevamo messo sindaco qua a Lonate, poi se l’è cantata”.

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 La pista dell’aeroporto di Malpensa

I clan però non hanno mollato l’osso, tanto che all’indomani della sua non ricandidatura hanno continuato a procacciare voti per la politica anche con l’aiuto di faccendieri, come il regionale lombardo dei Cristiano-popolari, Peppino Falvo. Ma a cosa serve essere presenti così direttamente nelle pubbliche amministrazioni? A controllare il territorio ed ottenere ad esempio le licenze e i terreni su cui costruire parcheggi intorno all’aeroporto di Malpensa. È su questo fronte che si concentra una parte del fascicolo della Dda milanese.

I tre mesi di chiusura di Linate con “l’esplosione economica” dell’aeroporto Varesotto facevano troppo gola agli ‘ndranghetisti. Le carte dimostrano che da tempo avevano messo le loro mani sul Parking Volo Malpensa, sul Malpensa Car Parking di Cardano al Campo, oltre ad avere metà delle quote della Star Parkings srls. Come nella tipica logica mafiosa lo strapotere doveva azzerare completamente la concorrenza, intimidendola e minacciandola.

Tuttavia tra gli elementi di “novità” e forse “speranza” nell’indagine, c’è una denuncia: alla fine del 2018, quando i carabinieri del nucleo investigativo di Milano stavano già per chiudere il cerchio, un imprenditore onesto ha portato nei loro uffici le registrazioni delle telefonate di pressione che i mafiosi gli facevano per impedirgli di investire nello stesso business dei parcheggi e sugli stessi terreni.

“È la prima volta a mia memoria che capita in Lombardia” ha sottolineato la numero uno della Dda milanese, Alessandra Dolci. Che non ha però mancato di esprimere una considerazione amara: “Purtroppo siamo qui a parlare delle stesse realtà e degli stessi personaggi. A 10 anni dalla Bad Boys e a nove anni da Crimine Infinito non è cambiato assolutamente nulla. La nostra attività investigativa non è stata efficace. La fotografia che emerge da questa realtà è assolutamente identica se non peggiore rispetto a dieci anni fa”. Tuttavia “anche noi siamo rimasti presenti, ci siamo e siamo attrezzati” tanto che oggi la “locale di Legnano e Lonate Pozzolo è stata messa in ginocchio”.

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