Cronaca

La verità giudiziaria sul caso Peveri, riaperto da Salvini 

La verità giudiziaria sul caso Peveri, riaperto da Salvini 

Piacenza 24

Angelo Peveri

Chi lo accusa – e la Cassazione ha sposato questa ricostruzione – sostiene che Angelo Peveri sparò volontariamente a un ladro: “Tentato omicidio”, pena di 4 anni e 6 mesi. Chi lo difende mette in discussione la sentenza definitiva: ma c’è confusione tra chi sostiene che il colpo sia partito in maniera involontaria e chi rivendica la legittima difesa.

Le carte giudiziarie: il colpo al petto fu volontario o no?

La vicenda risale alla sera del 5 ottobre 2011 a Mottaziana, frazione di Borgonovo Val Tidone, nel piacentino; accade che una banda di ladri si introduce in un cantiere per rubare del carburante dai macchinari. L’antifurto, che scatta alle 20 e 52 e 44 secondi, avverte il legittimo proprietario, l’imprenditore Angelo Peveri, che si precipita sul luogo imbracciando un fucile a pompa Mossberg-Maverick.

Ci impiega nove minuti, scrive Repubblica citando le carte giudiziarie, arrivando prima anche di un suo dipendente, il romeno Gheorghe Botezatu, che Peveri ha chiamato in suo soccorso.

Alle nove di sera, dal ponte sul Tidone su cui affaccia il cantiere, partono i primi colpi: diretti “in aria”, sostiene Peveri. Uno dei ladri però viene colpito a un gomito. Gli altri due cercano di scappare, attraversano il fiume, ma uno, Dorel Jucan, decide di tornare indietro, di rientrare nel cantiere per recuperare l’auto usata dalla banda. Lì, però, nel frattempo è arrivato anche Peveri: partono dei colpi, un proiettile perfora il polmone del ladro ma non lo uccide.

Su come quello sparo sia partito le versioni della Procura e di Peveri sono discordanti. L’uomo sostiene di essere andato nel cantiere e di aver visto una “sagoma umana” nel buio: spaventato, sarebbe scivolato e accidentalmente dal fucile a pompa sarebbe esploso un colpo: “Per non autolesionarmi (…) – cita Repubblica – mi irrigidivo di scatto tanto da avere una contrattura del dito appoggiato sul grilletto, a causa di tale movimento partiva un colpo di fucile, dopodiché cadevo a terra e non vedevo più”.

La versione del ladro: picchiato e colpito

Il colpo, secondo questa ricostruzione, sarebbe partito dal basso, cadendo, verso il ladro in piedi. Ma Dorel Jucan ricorda l’accaduto in maniera differente: sostiene di essere stato bloccato dall’operaio di Peveri, di essere stato messo in ginocchio con le mani dietro la nuca, come fosse un’esecuzione. Le botte alle braccia e poi alla nuca, sbattuta contro i sassi fino a farlo cadere in posizione supina. E poi gli spari: il primo a vuoto, il secondo che invece si conficca nel petto “con un’inclinazione di circa 45 gradi, dal basso verso l’alto”.

Nelle carte giudiziarie citate dal quotidiano quell’angolazione si ritiene “compatibile sia con la vittima a terra in posizione supina e il feritore in posizione eretta, sia con il ferito in posizione eretta e il feritore disteso in terra”.

Per la giustizia Peveri e il suo operaio sono colpevoli: ma sui social il caso ha scatenato diverse polemiche anche per la raccolta firme, lanciata dalla sezione piacentina della Lega, per esprimere solidarietà ai due. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ha visitato Peveri in carcere, ha sfruttato l’occasione per rivendicare la necessità della riforma della legittima difesa. Una circostanza che, sostiene il procuratore capo di Piacenza Salvatore Cappelleri, con il caso Peveri però non c’entra nulla. 

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