Cronaca

La strategia di Salvini per evitare che ci siano altri casi Sea Watch 

sea watch salvini 

CREDITMANUEL DORATI / CONTROLUCE

Matteo Salvini

Mentre il capitano della Sea Watch, l’ormai famosa e confidenzialmente Carola, ha forzato il blocco navale imposto dal ministero dell’Interno, sfidando lo stesso titolare del dicastero, e si è attestata nello specchio antistante Lampedusa, il vicepremier Matteo Salvini ha elaborato una rapida strategia per far fronte all’immigrazione prossima ventura.

Lo racconta il Corriere della Sera per la firma di Fiorenza Sarzanini. Si tratta di attuare un’identificazione di polizia “senza inserire i nominativi degli stranieri nel sistema Schengen”. Per il quotidiano di via Solferino sarebbe questa “l’arma” che il ministro e vicepremier intenderebbe utilizzare “contro gli Stati che gli hanno rifiutato aiuto nella vicenda Sea Watch”. Uno strumento di persuasione a farsi carico del problema ma anche un’azione “per ritorsione” come la definisce lo stesso quotidiano milanese.

L’intento è fin troppo chiaro, prosegue la cronista: così facendo “l’Italia non sarà più il Paese di ‘primo ingresso’ e dunque i migranti che arriveranno saranno poi liberi di andare altrove a chiedere asilo”. Una minaccia? “Una decisione – sottolinea il giornale diretto da Luciano Fontana – che in vista dell’estate, con l’arrivo di piccole imbarcazioni sulle spiagge e l’attraversamento della frontiera terrestre in Friuli Venezia Giulia, rischia di distribuire centinaia, forse addirittura migliaia di profughi in tutta Europa”. Un modo per premere su Olanda e Germania e convincerle “ad accogliere le 42 persone che sono a bordo, o almeno una parte di esse.

“La trattativa condotta da Palazzo Chigi e dalla Farnesina – si legge ancora – prevede che rimangano i minori e chi li accompagna, mentre gli altri dovrebbero esser e trasferiti ancora prima di aver chiesto asilo”. Spiega più nel dettaglio l’articolo del Corriere: “Attualmente chi arriva in Italia via mare, ma anche via terra, viene identificato, fotosegnalato, gli vengono prese le impronte digitali e tutti i dati vengono inseriti nel ‘sistema’ accessibile da tutti gli Stati dell’Ue”.

Se davvero si dovesse procedere con la semplice identificazione di polizia, gli stranieri saranno liberi di circolare e, dunque, “sarebbe di fatto vanificato il trattato di Dublino” che impone al Paese di primo ingresso “di prendere in carico il migrante e garantire accoglienza fino alla decisione sulla concessione dell’eventuale asilo”. E già in passato l’Italia era finita nel mirino di Bruxelles, accusata proprio per le mancate identificazioni, sottolinea il quotidiano milanese, ma in questo caso “si tratterebbe di una vera e propria sfida nei confronti degli altri Stati”.

“Mi sono rotto le palle che l’Italia sia trattata dagli organismi internazionali e da alcuni Stati come un Paese di serie B”, scandisce secondo quel che riferisce l’edizione cartacea de la Repubblica, che titola l’apertura: “Forza Capitana”. “L’Olanda non può far finta di nulla. Nessuno pensi di fare i suoi porci comodi sfruttando decine di poveracci e fregandosene delle leggi di uno Stato”. Quindi “a mali estremi, estremi rimedi”, che per il ministro significherebbe, sempre ad avviso del quotidiano romano vestire i panni del novello Trump, “alzando un muro al confine Nord-Est”. “Si è riaperta la rotta balcanica”, spiega Salvini, “a luglio partiranno i pattugliamenti misti con gli sloveni, ma se il flusso di migranti non dovesse arrestarsi, non escludiamo la costruzione di barriere fisiche alla frontiera, come fatto da altri Paesi europei”.

Una possibilità, quest’ultima, che il Corriere vede “più complicata” visto che la frontiera del Friuli-Venezia Giulia “supera i 230 chilometri”. Tuttavia il pattugliamento congiunto con la polizia slovena e soprattutto la possibilità di sospendere il trattato di Schengen “rende concreta l’ipotesi di limitare gli arrivi”. “Migranti, Salvini fa muro” titola il quotidiano in apertura.

Ma, chiosa Il Foglio per la firma del suo direttore Claudio Cerasa, “in un solo anno di governo, Salvini ha fatto di tutto per rendere la gestione dell’immigrazione sopportabile solo a condizione che non vi siano emergenze, ha fatto di tutto per non dare all’Italia gli strumenti giusti per cambiare le regole dell’accoglienza in Europa, ha fatto di tutto per smantellare il sistema di gestione dell’immigrazione nel Mediterraneo, ha fatto di tutto per umiliare l’Italia mettendo in campo la politica dei porti chiusi (i 42 migranti della Sea Watch sono stati tenuti in ostaggio in mare per due settimane ma nel frattempo gli sbarchi in Italia non si sono fermati: 59 il 24 giugno, 121 il 21 giugno, 16 il 20 giugno, 65 il 19 giugno)”.

E nonostante tutto ciò – sottolinea il quotidiano – “Salvini oggi è l’unico capo di partito a non aver problemi a parlare di confini da rispettare, di frontiere da tutelare e di immigrazione da governare”. Mentre i suoi avversari, piuttosto che muoversi in modo compatto, “non trovano niente di meglio che mettersi acriticamente dalla parte delle ong e di dividersi in Parlamento sulla necessità di confermare o no alcuni accordi con la Libia che sono stati il perno della strategia che tra il 2017 e il 2018 ha dato al governo a guida Pd la possibilità di governare bene i flussi dei migranti”.

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