Cronaca

Evasione e corruzione non si vincono con le manette, dice Cantone

tetto contanti corruzione appalti cantone

Agf

Raffaele Cantone

La corruzione negli appalti pubblici riguarda soprattutto quelli espletati tramite bando, appena il 18% degli episodi monitorati tra il 2016 e il 2019 è frutto di assegnazioni senza gara. Lo scrive l’Anac nel rapporto sulla corruzione in Italia presentato nella sede della stampa estera dal presidente Raffaele Cantone.

“Su 113 vicende corruttive inerenti l’assegnazione di appalti – solo 20 riguardavano affidamenti diretti (18%), nei quali l’esecutore viene scelto discrezionalmente dall’amministrazione. In tutti gli altri casi sono state espletate procedure di gara: ciò lascia presupporre l’esistenza di una certa raffinatezza criminale nell’adeguarsi alle modalità di scelta del contraente imposte dalla legge per le commesse di maggiore importo, evitando sistemi che in misura maggiore possono destare sospetti”, si legge nel documento.

“La corruzione, benché all’apparenza scomparsa dal dibattito pubblico, rappresenta un fenomeno radicato e persistente, verso il quale tenere costantemente alta l’attenzione. Al tempo stesso, occorre rilevare come la prevalenza degli appalti pubblici nelle dinamiche corruttive giustifichi la preoccupazione nei confronti di meccanismi di deregulation quali quelli di recente introdotti, verso i quali l’Anac ha già manifestato perplessità”. 

Tetto al contante

“Credo che il tetto al contante sia una scelta corretta ma ha poco a che vedere con la corruzione. Chi corrompe usa il contante a prescindere, ma certamente non lo fa in modo legale”, ha detto Cantone. “Io credo che sia un periodo ciclico nel Paese, prima si guarda con attenzione ad un fenomeno e poi diminuisce, è successo anche per altri fenomeni illegali. Non credo questo sia imputabile ad una forza politica in particolare. Quando abbiamo portato all’attenzione il fatto del rischio con l’abbassamento di certe soglie di controlli negli appalti ci è stato risposto che ci sarà l’agente infiltrato ma fisiologicamente quello strumento non riuscirà ad essere ovunque”.

Aggiunge il presidente uscente dell’Anac, che la prossima settimana rientrerà in magistratura: “Non ho mai detto che in Mafia Capitale non c’era la mafia. Fui sentito su richiesta della difesa di Buzzi, che mi chiese se avevo mai trasmesso atti, ma noi non abbiamo come Anac gli strumenti per valutare se in un procedimento c’è la fattispecie di associazione mafiosa o meno”. “L’impressione è che molte vicende mafiose che vedono coinvolti colletti bianchi – ha aggiunto – siano comunque cementate sul dato della corruzione. Le mafie hanno bisogno di creare consenso quindi hanno l’interesse a tenersi buono il potere piuttosto che intimidirlo”.

Riflettori spenti

Per Cantone il tema corruzione è scomparso dai riflettori. “Io sono oggettivamente preoccupato  dell’abbassamento di una serie di regole di cautela nel sistema di legge sugli appalti. Non so se sia frutto o meno di una diversa sensibilità, ma registro questo dato”.

Il rapporto dell’Autorità anti-corruzione ha preso in esame il triennio 2016-2019. “È giusto dare un segnale contro l’evasione, che è strettamente legata alla corruzione, che è un danno a tutti. Va bene inasprire le pene ma non è con le manette che si vince l’evasione, così come per la corruzione”.

Dal rapporto emerge un quadro che non è devastante, è preoccupante, ha detto il presidente, ma se si continua ad aggredire con la logica della prevenzione e della repressione si può ridimensionare.

Le nuove forme della corruzione

L’assegnazione di un posto di lavoro a un parente o un sodale, oppure di una consulenza reale o fittizia fino ad arrivare alla concessione di ‘benefit’ come viaggi, cene, ristrutturazioni edilizie. Ed anche, talvolta, il soddisfacimento della richiesta di prestazioni sessuali. La corruzione in Italia si dematerializza, alla vecchia tangente si sostituisce spesso il pagamento con beni o servizi, più difficilmente dimostrabile come reato per gli inquirenti.

Dice ancora Cantone: “Il denaro continua a rappresentare il principale strumento dell’accordo illecito tanto da ricorrere nel 48% delle vicende esaminate, sovente per importi esigui (2.000-3.000 euro ma in alcuni casi anche 50-100 euro appena) e talvolta quale percentuale fissa sul valore degli appalti”.

Ma il resto degli episodi si consuma in altro modo. La ‘ritirata’ del contante è legata spesso alla “difficoltà di occultamento delle somme illecitamente percepite”, così “si manifestano nuove e più pragmatiche forme di corruzione”.

Il posto di lavoro, spiega la relazione Anac, “si configura come la nuova frontiera del pactum sceleris, soprattutto al Sud l’assunzione di coniugi, congiunti o soggetti comunque legati al corrotto (non di rado da ragioni clientelari) è stata riscontrata nel 13% dei casi. A seguire, a testimonianza del sopravvento di più sofisticate modalità criminali, si colloca l’assegnazione di prestazioni professionali (11%), specialmente sotto forma di consulenze, spesso conferite a persone o realtà giuridiche riconducibili al corrotto o in ogni caso compiacenti”.

In un quinto del totale (21%) degli episodi documentati “oltre a ricorrenti benefit di diversa natura (benzina, pasti, pernotti) non mancano singolari ricompense di varia tipologia (ristrutturazioni edilizie, riparazioni, servizi di pulizia, trasporto mobili, lavori di falegnameria, giardinaggio, tinteggiatura) comprese talvolta le prestazioni sessuali”.

Spesso dunque le contropartite hanno un modesto controvalore, indicativo, annota Anac, “della facilità con cui viene talora svenduta la funzione pubblica ricoperta”.

La corruzione in politica

Quarantasette politici indagati per corruzione, di cui 43 arrestati, nel triennio da agosto 2016 e agosto 2019. Tra loro 20 sindaci, 6 vicesindaci, 10 assessori – più altri 4 indagati a piede libero – e 7 consiglieri. Sono i numeri della corruzione in Italia relativi alla classe politica nell’ultimo triennio. Un fenomeno che in questo frangente riguarda in particolar modo gli enti locali. Dei 152 casi censiti infatti 63 hanno avuto luogo nei Comuni (41%), seguiti dalle società partecipate (24 casi, pari al 16%) e dalle Aziende sanitarie (16 casi, ovvero l’11%).

“Fra agosto 2016 e agosto 2019 sono state 117 le ordinanze di custodia cautelare per corruzione spiccate dall’Autorità giudiziaria in Italia e correlate in qualche modo al settore degli appalti: esemplificando è possibile affermare che sono stati eseguiti arresti ogni 10 giorni circa. Si tratta in ogni caso di una approssimazione per difetto rispetto al totale. In linea con questa cadenza temporale sono anche i casi di corruzione emersi analizzando i provvedimenti della magistratura: 152, ovvero uno a settimana (solo a considerare quelli scoperti)”.

Rispetto alle fattispecie corruttive tipiche della Prima Repubblica – si legge nel testo della relazione – ancillare risulta invece il ruolo dell’organo politico. I numeri appaiono comunque tutt’altro che trascurabili”. Il rapporto ricorda anche che “nel periodo in esame sono stati 207 i pubblici ufficiali/incaricati di pubblico servizio indagati per corruzione”. Ma soprattutto “circa la metà dei soggetti coinvolti si configura come il vero dominus” con “46 dirigenti indagati, ai quali ne vanno aggiunti altrettanti tra funzionari e dipendenti più 11 responsabili unici del procedimento”.

Le forme di condizionamento dell’apparato pubblico “più estese e pervasive si registrano prevalentemente a livello locale (specie al Sud), secondo forme di penetrazione capillare nel tessuto sociale, economico-imprenditoriale, politico e istituzionale”.

Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Post simili: