Cronaca

L’Ats Bergamo ha paura di aver sbagliato qualcosa. Mette le mani avanti e va dall’avvocato

“Assurda” se non “bizzarra” per Paola Pedrini, segretario lombardo della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) la richiesta di una consulenza legale da parte dell’Agenzia di tutela della salute (Ats) di Bergamo, per accertare se ci siano state ‘responsabilità’ da parte dei medici di base nella gestione dell’emergenza “con particolare riferimento alla disponibilità e utilizzo dei dispositivi di protezione individuale”.

“E’ significativo come gesto – spiega – perché in realtà vuol dire che un po’ di paura l’agenzia ce l’ha, sta mettendo le mani avanti”. 

“A Bergamo abbiamo il maggior numero di medici che si sono infettati o che sono morti: su 700 medici in provincia, 150 si sono ammalati e 6 sono deceduti. Quindi – aggiunge Pedrini – vedere che si cerca una consulenza legale per eventualmente cercare di girare la colpa sul medico stesso, mi sembra assurdo, ancora più che demoralizzante”.

E anche la “scelta dell’avvocato è stata infelice per noi”. 

La consulenza, come si legge nella delibera firmata dal Direttore generale Massimo Giupponi, è stata affidata “all’avvocato Angelo Capelli del foro di Bergamo”. “Capelli è stato tra gli autori della riforma del sistema sanitario regionale che ai medici di famiglia non era proprio piaciuta – ricorda Pedrini -. Dunque, anche la scelta dell’avvocato è significativa, non è un avvocato qualunque per la sanità lombarda e soprattutto per Bergamo”.

La consulenza è ampia e riguarda anche come è stata gestita l’emergenza sanitaria nell’ospedale di Alzano Lombardo e nelle Rsa. Ma per i medici di base cosa si vuole accertare?

“Sui medici di famiglia – spiega – posso immaginare che l’Ats si chieda se effettivamente doveva fornirci i dispositivi di protezione perché non siamo suoi dipendenti, siamo liberi professionisti convenzionati con il sistema sanitario nazionale, sia noi che i pediatri di famiglia. Ma è una mia supposizione. Il punto è che in situazioni di emergenza la risposta è ‘sì’, sono l’Ats e la Regione che devono creare quanto meno un canale preferenziale per fornire dpi. Inoltre nel piano pandemico c’è proprio scritto che la fornitura dei dispositivi di protezione va fatta anche ai medici di famiglia”.

Dunque la ‘mossa’ dell’Ats non vi preoccupa?

 “Siamo assolutamente tranquilli” assicura Pedrini.

Che ricorda anche che “fin dai primi casi di coronavirus i medici hanno cercato di approvvigionarsi di mascherine ma erano esaurite. Abbiamo provato anche come associazione a fare degli acquisti per i medici di famiglia, ma l’altro problema che è insorto è che questi ordini venivano bloccati, fermi 8 giorni e più, in dogana dalla Protezione Civile” perchè tutti i dpi dovevano essere destinati alle strutture ospedaliere.

“Quello che ci fa ancora più male – aggiunge – è che ci aspettavamo che in un momento del genere, soprattutto a Bergamo dove la situazione è una delle peggiori, magari quei soldi potevano essere ben spesi per un consulente scientifico e non per un consulente legale”.

Ce ne sarebbe ancora bisogno?

“Certo, l’emergenza non è passata, i casi si sono ridotti ma – avverte – l’equilibrio è veramente precario, non siamo ancora pronti a superare le criticità che ci sono state nella Fase 1. I tamponi sono ancora insufficienti, le indagini epidemiologiche fatte sui contatti dei pazienti sospetti sono assolutamente insufficienti. Siamo ancora sul chi va là”. 

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