Cronaca

“Il morbillivirus sta uccidendo i delfini, ma io non sono preoccupato”

strage delfini tirreno adriatico 

Afp

Delfini

La notizia della morte dell’ennesimo delfino – già 48 casi nel 2019, 49 con quest’ultimo – nelle acque del Tirreno, davanti a Ostia, non sorprende Fulco Pratesi, storico ambientalista e Presidente onorario del Wwf. “Dicono sia colpa di questo Morbillivirus che li colpisce e li annienta, così come colpisce i cetacei e anche altri mammiferi. Ma bisogna anche saper accettare che ci siano queste ondate di epidemie da cui poi la natura fortunatamente si riprende”.

Gli ultimi quattro soggetti deceduti e analizzati dall’IZS, Istituto Zooprofilattico Sperimentale Lazio e Toscana nella sua unità operativa, tutti ritrovati sulle coste toscane nei mesi di giugno e luglio 2019, hanno ad esempio evidenziato “una importante positività per il Morbillivirus dei cetacei (CeMV)”, secondo quanto riportato nella relazione dopo l’autopsia. Tutti e quattro i soggetti, dunque, sono risultati positivi al virus CeMV, che colpisce soltanto i cetacei ed è patogeno solo per questi animali. Del resto, il riscontro di Morbillivirus nei mammiferi marini spiaggiati in Toscana non è una novità; già nel 2013 e ancora nel 2016 si è assistito ad importanti epidemie di tale virosi che però hanno interessato principalmente la specie Stenella striata.

strage delfini tirreno adriatico 

Pratesi ha dedicato una vita intera alla tutela e alla salvaguardia dei delfini che una volta venivano cacciati per farne il musciame, una specie di carne di delfino settata che era una grande leccornia soprattutto a Genova e negli altri paesi costieri.  “Era una tremenda mattanza – ricorda – la carne si vendeva anche a gran prezzo, un po’ come il caviale o come la bottarga”, spiega il veterano degli ambientalisti italiani, che aggiunge: “Ma oggi, sia di delfini che anche di balene se ne cominciano a vedere più di un tempo. Una volta era un caso, ora arrivano anche sotto costa, vicino alle spiagge. Va ricordato che fino ad una ventina di anni fa, prima che come Wwf facessimo delle battaglie a protezione dei delfini, questi venivano uccisi”.

Può essere che anche la densità aumentata dei delfini nelle nostre acque possa aver influito sul diffondersi del Morbillivirus?

“Certamente. Riguarda sicuramente un aumento delle infezioni, delle malattie, così come per gli uomini anche per gli animali il morbillo è una malattia che si diffonde per contagio”.

Perché è cresciuto il numero di delfini nelle nostre acque?

“Sono meno perseguitati. Così come anche i gabbiani, del resto, anche altri animali. Non c’è più quella smania ossessiva di cacciare, di uccidere qualunque cosa che voli o che nuoti. Fino a non molti anni fa si sparava a tutto. Io ho 85 anni, e sono stato cacciatore, e posso testimoniare quale fosse l’atteggiamento degli italiani e anche di altri popoli nei confronti della fauna, compresa quella marina: si uccideva di tutto”.

Domanda provocatoria: non sarà che oggi, anche grazie a importanti battaglie ambientaliste, si caccia meno e questo crea degli squilibri nella natura?

“È un discorso molto complicato. Certamente il numero dei cacciatori e dei patentati che possono caciare è molto calato, anche se persistono numerosi bracconieri. Il problema della fauna che aumenta, come i cinghiali, il cui numero è cresciuto in modo esponenziale, è un problema, un problema di controllo. Che non si risolve certo a fucilate. Ci sono dei momenti in cui certe specie aumentano a dismisura e questo in qualche modo diventa un problema per tutto l’ecosistema”.

Torniamo ai delfini. Prima di arrivare alla conclusione che si tratti di Morbillivirus, si era pensato che una concausa di questi decessi potesse attribuirsi all’innalzamento della temperatura dell’acqua del mare. È credibile anche questa seconda ipotesi?

“Non è credibile perché certamente la causa è il Morbillivirus, però quella dell’innalzamento della temperatura è sicuramente una concausa. Almeno relativamente alla diffusione del morbillo. Non dimentichiamo anche la presenza abnorme, eccessiva e cancerosa di plastica nelle nostre acque. I delfini mangiano tutto quello che ha un’apparenza di essere commestibile, così come anche le tartarughe. Ma la cosa principale è questo virus, che certamente il riscaldamento delle acque favorisce nella sua diffusione”. 

Come può intervenire l’uomo?

“Bisognerebbe riuscire a vaccinare questi animali ma è praticamente impossibile catturarli e poi sarebbe danno per loro. Bisogna accettare che ci siano queste passate di epidemie o altre cause da cui poi la natura fortunatamente si riprende”.

Quindi è un gioco anche di riequilibrio della natura, si può dire?

“Certo, mai accettare di dire ‘questo è un disastro!’ Anche dopo gli incendi, che in questo periodo stanno devastando molte montagne, dopo molti anni tornano dei boschi ancora migliori di quelli che c’erano prima”.

Cosa la colpisce di più della morte di questo ennesimo delfino?

“La mancanza di un amico, questo mi colpisce. Un amico e un alleato nell’uomo, scellerato nei suoi stili di vita. Ma non sono preoccupato, in ogni caso, i delfini non sono una specie in via di estinzione. Se si trattasse di una foca monaca lo sarei di più. Ma anche la foca monaca piano piano sta tornando”. 

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