Cronaca

Fase 2 al via ma è ‘gimkana’ tra regioni blindate e città di confine

Regioni ‘blindate’ e città di confine, la Fase 2 rischia di diventare una complessa gimkana tra blocchi e divieti amministrativi. Sono infatti molte le demarcazioni create dalla nuova burocrazia del confinamento che di fatto interrompono rapporti commerciali e personali per una manciata di chilometri. Da lunedì gli spostamenti da regione a regione infatti sono consentiti solo per motivi lavorativi, di salute, per urgenze e per il ritorno alle residenze; pollice verso invece per le visite ai familiari, anche se distanti pochi chilometri, la spesa, le attività sportive individuali quali i giri in bicicletta, nel caso ciò significhi valicare la fatidica ‘linea di frontiera’. Eppure in Italia non sono poche le situazioni in cui grossi centri, anche città capoluogo, sono poste in prossimità di un’altra regione con cui vi sono a volte anche più punti di contatto che con la propria. Ecco una mappa dei casi più eclatanti regione per regione:

PIEMONTE: NOVARA E VERBANIA CITTÀ DI CONFINE

Più vicina a Milano che a Torino, Novara gravita tradizionalmente sulla Lombardia. Sono oltre diecimila i novaresi che normalmente si spostano in direzione di Milano per motivi di lavoro o di studio. Se le università rimangono ancora chiuse, da lunedì una quota significativa di lavoratori riprenderà a muoversi verso la Lombardia. Nei giorni scorsi i comitati dei pendolari novaresi hanno aderito all’appello rivolto da tutte le organizzazioni di chi viaggia quotidianamente per lavoro alle regioni. I pendolari chiedono anzitutto che sia garantita la sicurezza dei viaggiatori, senza deroghe per quanto riguarda il distanziamento tra le persone trasportate. I pendolari novaresi che sono abituati a convivere con frequentissimi ritardi e soppressioni di treni, sottolineano l’importanza di assicurare la massima affidabilità e funzionalità dei treni, “in quanto – scrivono nel loro appello – una soppressione o un guasto in linea potrebbero avere drammatiche ripercussioni sulla prevenzione dei contagi”.

Nella regione, un’area tradizionalmente di confine è quella del Verbano, con stretti rapporti sia con la Lombardia che con la Svizzera. Nei giorni scorsi il sindaco di Verbania, Silvia Marchionini, aveva chiesto di permettere ai cittadini delle zone di confine come il Verbano Cusio Ossola di raggiungere eventuali parenti in Svizzera. Marchionini aveva scritto una lettera in merito ai presidenti di Piemonte e Lomnbardia, al presidente del Consiglio di Stato del Canton Ticino Christian Vitta, ai parlamentari locali e al Prefetto Angelo Sidoti. Marchionini ha anticipato che nell’ordinanza che sara’ pubblicata domani dal presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio,questa possibilità non è stata accolta.

LOMBARDIA: IL CASO DEL GARDA E DELLA SPONDA VERONESE

La fase 2 che limita ancora gli spostamenti tra regioni ha deluso i grandi centri turistici del Bresciano che gravitano al confine con Veneto e Trentino. Sul Garda oltre mezzo milione di residenti vive e lavora con la sponda veronese del lago: il blocco compromette anche il commercio al dettaglio oltre che la parte turistica e pure religiosa visto che il territorio cade sotto la Diocesi di Verona. Stessa situazione in alta Vallecamonica tra Ponte di Legno e Tonale dove si gravita prevalentemente sul Trentino. Qui si aspetta il via libera per poter tornare a essere liberi di passare il confine in quota.

TRENTINO E ALTO ADIGE ZONE DI CONFINE

Gli spostamenti tra l’Alto Adige e il Trentino saranno possibili da lunedi’ 4 maggio solo per esigenze lavorative e cura degli affetti personali. Sia la Provincia Autonoma di Bolzano che la Provincia Autonoma di Trento stanno lavorando ad una legge ‘ad hoc’ per definire la ‘fase 2’, ovvero la ripartenza a livello locale a seguito della crisi del coronavirus. Solo quando ci sarà l’approvazione della legge (8 o 11 maggio), previo parere del governo nazionale, saranno possibili gli spostamenti all’interno delle rispettive provincie. Per il momento non sono possibili viaggi liberi di svago tra Alto Adige e Trentino, anche se considerata un’unica Regione. Resta per il momento esclusa la possibilità di recarsi liberamente, se non per motivi di lavoro o urgenti, nel vicino Tirolo austriaco che assieme ad Alto Adige e Trentino formano la regione europea dell’Euregio. Colloqui sono in corso con Innsbruck ma il semaforo verde potrà essere accesso solo dopo il benestare del Ministro degli Affari Esteri.

VENETO: IL GIRO DEI 4 PASSI È VIETATO

Oltre al Garda, zone di intensi scambi e collegamenti sono quelle tra Rodigino e Ferrarese, a cavallo del Po, e tra Portogruaro e Latisana, ai confini del Friuli. Da notare poi la situazione particolare del famoso ‘Giro dei quattro passi’ (Pordoi, Sella, Gardena e Campolongo) molto ambito dai cicloturisti ma che resta vietato perché situato a a cavallo tra Veneto, Trentino e Alto Adige. Sul tema dei confini è intervenuto anche il presidente Luca Zaia. “Sono stato chiamato dal collega Fugatti del Trentino – spiega – che mi ha detto che abbiamo dei cittadini del Primiero che per spostarsi nel loro comune devono fare un pezzo nel Veneto, per evitare una deviazione lunghissima. Questa e’ una interconnessione tra regioni che sarebbe proibitissima, ma anche qui ci vuole buon senso”.

FRIULI VENEZIA GIULIA: SLOVENIA E AUSTRIA OFF LIMITS

Situazione pressoché unica quella dei confini e dei rapporti con regioni e Stati contermini per il Friuli Venezia Giulia essendo a ridosso sia dalla Slovenia – via Gorizia e Trieste – sia dell’Austria, via Udine-Tarvisio. Rapporti economici, commerciali e di lavoro transfrontaliero che sono sempre stati molto intensi e che ora sono pressoche’ azzerati per quanto riguarda il movimento delle persone, mentre si va via via regolarizzando il traffico merci con i Tir e i mezzi pesanti. Ciò anche grazie ai dati confortanti emersi in merito al contenimento dell’epidemia da coronavirus in questi paesi vicini. In particolare la Slovenia sta già allentando ulteriormente le misure che avevano soprattutto limitato il movimento dei cittadini. E’ di poche ore fa una nota del consigliere regionale della Slovenska skupnost, Igor Gabrovec, che sottolinea l’importanza della riapertura del confine con la Slovenia, a partire dai valichi secondari, al momento quasi ovunque chiusi per i lavoratori transfrontalieri. Un appello di completa riapertura che Gabrovec rivolge al Governo italiano e a quello sloveno, ma che rispecchia certamente le richieste espresse anche da altri territori.

EMILIA ROMAGNA: PIACENZA E IL PROBLEMA DEI PENDOLARI

Tra le zone più colpite d’Italia dall’emergenza sanitaria, Piacenza ha pagato la vicinanza con il basso Lodigiano primo focolaio del Covid-19. Da lunedi’, per tutta la provincia, scatta lo stop della ‘stretta’ aggiuntiva, rispetto al resto dell’Emilia Romagna e la città, dopo due mesi e mezzo, si prepara a rimettersi in moto. Non più zona rossa, ne’ arancione è pronta alla ripartenza, certo graduale, ma ‘simbolo’ di una terra di confine divisa dalla Lombardia solo dal Po e da una manciata di chilometri. Emiliani (forse) nel cuore ma lombardi nel ‘portafoglio’, saranno molti, infatti, i pendolari che da Piacenza lunedì mattina riprenderanno a lavorare nelle fabbriche, soprattutto a Milano, che torneranno a produrre. Allo stesso tempo altri lavoratori arriveranno a Piacenza dai comuni lombardi di confine, come San Rocco al Porto. Intanto, si apprende da polizia e carabinieri, non è stato predisposto un piano speciale dedicato al controllo ai confini tre le due regioni. Si continuerà, cioè, con le attività di vigilanza già in atto ovviamente rimodulate con le nuove disposizioni governative in vigore da lunedì prossimo.

SAN MARINO INGLOBATO IN EMILIA ROMAGNA

In vista della ‘Fase 2’ il territorio della Repubblica di San Marino sarà considerato inglobato in quello della regione Emilia-Romagna. Le visite ai ‘congiunti’ saranno quindi permesse da e verso il territorio del piccolo Stato. Per quanto riguarda l’attività motoria o la spesa, che nell’ordinanza del presidente Stefano Bonaccini è consentita in ambito provinciale, il territorio sammarinese sarà equiparato a quello della provincia di Rimini. Il governo del Titano ha comunicato di essere in procinto di stilare protocolli anche con la regione Marche.

MARCHE: UNA SOLA STRADA TRA RIMINI E PESARO

C’è una sola strada aperta a segnare il passaggio tra la Romagna e le Marche, l’unica, ad oggi, che consente il passaggio tra le province di Rimini e Pesaro, dove ha sede, a un paio di chilometri dal confine, la Domingo Salotti, una delle aziende più innovative del distretto pesarese dell’arredamento. Su quell’unica strada si sono mossi nei giorni scorsi anche quello sparuto gruppo di dipendenti romagnoli, che in tempo di lockdown sono andati comunque in fabbrica, dove e’ stata parzialmente riconvertita la produzione: da poltrone e divani dal design spinto alle mascherine. “Su quella strada si dovrebbero muovere circa la meta’ dei nostri addetti, i quali risiedono in Romagna”, sottolinea il general manager Filippo Antonelli, per il quale “è impossibile pensare di poter solo impostare la ripartenza se ci fossero chiusure e restrizioni per singoli territori e questi dovessero riguardare anche i lavoratori”.

LIGURIA: LA SPEZIA ‘CROCEVIA’ TRA TOSCANA ED EMILIA

“Noi siamo un crocevia, stretti tra gli Appennini e il mare, al confine con Toscana ed Emilia. Con la caduta del ponte di Albiano Magra, che ha dato un duro colpo alla mobilita’ privata, muoversi col trasporto pubblico sarà ancor più un dramma e questo decreto del governo rischia di peggiorare le cose”. Lo dice il sindaco di La Spezia e presidente della Provincia, Pierluigi Peracchini, preoccupato sul fronte della mobilita’ in una terra di confine come quella che amministra, in vista della fase 2, con la ripresa di molte attività produttive e il forte spostamento di pendolari e lavoratori: “Il decreto del governo creerà grandissimi problemi sul fronte del trasporto pubblico – dice – non si puo’ pensare di trasportare quasi lo stesso numero di persone di prima, con metà posti disponibili, al tempo stesso tutelare gli autisti e senza avere la possibilità di controllare i biglietti: il rischio è il caos alle fermate, ai capolinea e alle stazioni”. 

ABRUZZO: COMMERCIO BLOCCATO DALLE NUOVE FRONTIERE

In Abruzzo molte città soprattutto il capoluogo di Regione, L’Aquila e Teramo hanno forti scambi commerciali e interessi con Roma, mentre Pescara con le Marche, in particolar modo con Ancona. Lucio Cipollini, coordinatore regionale Abruzzo e Molise della Filcams Cgil, nei giorni scorsi ha lanciato un allarme proprio in merito alla crisi del commercio legata all’emergenza Covid-19. “Ad eccezione dei negozi di generi alimentari di prossimità e vicinato, tutto il resto del commercio e’ fermo e si prepara un disastro a livello occupazionale”.

CALABRIA: CONTROLLI H24 PER IL PASSAGGIO IN SICILIA

A Reggio Calabria e Villa San Giovanni, le due città di “confine” marittimo con la dirimpettaia Sicilia, nulla o quasi cambierà a partire dal 4 maggio. Già dall’avvio dell’emergenza Covid-19, e poi dalla successiva emanazione dell’ordinanza del presidente Musumeci che ha blindato la Sicilia, agli imbarcaderi e agli aliscafi vi sono controlli h 24 messi in campo dal dispositivo interforze coordinato dal Questore di Reggio Calabria, Maurizio Vallone. I mezzi pesanti che trasportano merci per l’isola hanno continuato a viaggiare anche durante l’emergenza coronavirus, così come i pendolari, soprattutto personale sanitario e forze dell’ordine che vivono e lavorano a cavallo delle due sponde. A facilitare il lavoro delle forze dell’ordine è arrivato nelle settimane scorse il pass rilasciato dalla Regione Sicilia a quanti devono spostarsi quotidianamente. Lo si ottiene mandando una email alla Regione, tramite la quale il lavoratore pendolare viene censito.
Fino al giorno 17 maggio rimangono congelate le limitazioni all’accesso nell’isola, per cui fino ad allora si potrà continuare ad accedervi solo per ragioni di stretta necessità, di salute o di lavoro. Poco piu’ di un mese fa, in piena emergenza, un gruppetto di 200 siciliani rimase bloccato per 72 ore nel piazzale Anas a Villa San Giovanni in attesa di potersi imbarcare per la Sicilia, che non li voleva accogliere, e lasciare la Calabria, lieta di lasciarli partire. 

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