Cronaca

È stata arrestata la coordinatrice di “Cambiamo!” nel Lazio

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Gina Cetrone

I poliziotti della Squadra Mobile di Latina hanno arrestato Gina Cetrone, già consigliere regionale del Pdl e lo scorso anno coordinatrice per il Lazio del partito “Cambiamo! con Toti”, e altre quattro persone, con l’accusa, a vario titolo, di estorsione, atti di illecita concorrenza e violenza privata, con l’aggravante del metodo mafioso. I fatti si riferiscono al periodo maggio-giugno 2016.

L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Capitale guidata dal procuratore Michele Prestipino, si è avvalsa anche del contributo dichiarativo dei collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Riccardo Agostino (già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Latina e per il quale si procede separatamente). Nei confronti di Gina Cetrone e degli altri quattro (Armando detto Lallà, Gianluca e Samuele Di Silvio e poi Umberto Pagliaroli), il gip di Roma Antonella Minunni ha disposto la misura cautelare del carcere.

Per la Dda, nell’aprile 2016 Gina Cetrone e il marito Umberto Pagliaroli, nella veste di creditori di un imprenditore di origini abruzzesi, in relazione a forniture di vetro effettuate dalla società a loro riconducibile (la ‘Vetritalia srl’), avrebbero richiesto l’intervento di Samuele e Gianluca Di Silvio e di Agostino Riccardo per la riscuotere il credito, previa autorizzazione di Armando Di Silvio, ritenuto da chi indaga capo dell’associazione di stampo mafioso a lui riconducibile.

Moglie e marito, dopo aver convocato l’imprenditore presso la loro abitazione, gli avrebbero richiesto il pagamento immediato della somma dovuta (circa 15 mila euro), impedendogli di andare via a bordo della sua auto. La coppia avrebbe costretto l’uomo ad attendere l’arrivo di Agostino Riccardo, Samuele Di Silvio e Gianluca Di Silvio che una volta sul posto lo hanno minacciato, prospettando “implicitamente conseguenze e ritorsioni violente nei suoi confronti e verso i suoi beni”. Questi ultimi avrebbero costretto poi l’imprenditore ad andare in banca il giorno dopo sotto la loro stretta sorveglianza e di quella di Pagliaroli che aspettavano fuori e ad effettuare un bonifico di 15 mila euro a favore della società e a consegnare loro 600 euro, a titolo di disturbo. 

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