Cronaca

L’Istat certifica il declino demografico del Paese: pochi figli, tanti vecchi

Istat declino demografico pochi figli tanti vecchi

 Mint Images / Agf

 Una coppia di anziani

Siamo sempre di meno e sempre più vecchi. Calano le nascite, anche perché, complice l’assenza di un lavoro stabile, sono pochi i giovani che lasciano la famiglia di origine e decidono di sposarsi facendo figli. Aumentano i decessi ma non il numero delle vedove, superato dalle anziane coniugate grazie all’aumento di sopravvivenza degli uomini. È il quadro che emerge dal rapporto 2019 dell’Istat.

Dal 2015 – si legge – i residenti nel nostro Paese sono in diminuzione: 60,4 milioni al primo gennaio di quest’anno, oltre 400 mila in meno rispetto al primo gennaio di quattro anni fa. Un “declino demografico” che si spiega con una evidente riduzione delle nascite (439 mila bambini iscritti all’anagrafe lo scorso anno, ben 140 mila in meno rispetto al 2008) a fronte di un aumento dei decessi (633 mila nel 2018, circa 50 mila in più di 11 anni fa).

Il 45% delle donne tra i 18 e 49 anni, il dato è del 2016, non ha ancora avuto figli anche se sono meno del 5% quelle che dichiarano che avere figli non rientra nel proprio progetto di vita. E meno male che, come effetto delle migrazioni, da noi vivono 5,2 milioni cittadini stranieri (anche loro destinati a invecchiare), circa l’8,7% della popolazione totale.

I ‘MAMMONI’

Il rapporto 2019 ci dice che al primo gennaio 2018 i giovani residenti in Italia di età compresa tra i 20 e i 34 anni sono 9 milioni e 630 mila, pari al 16% del totale della popolazione (anche loro in diminuzione di oltre 1 milione e 230 mila unità rispetto al 2008). Ebbene, più della meta’ (5,5 milioni), celibi e nubili, vive con almeno un genitore. Il fatto di non poter contare su un lavoro stabile non aiuta i ragazzi a dar corso ai loro progetti di vita. Nel secondo dopoguerra si lasciava la famiglia intorno ai 25 anni. Per la generazione degli anni Settanta il distacco avveniva verso i 28.

LA SOPRAVVIVENZA

Le donne continuano a vivere più degli uomini (85,2 anni in media rispetto agli 80,8) ma il divario si sta assottigliando nel tempo. Gli uomini, però, godono in media di buona salute per 59,7 anni, le donne per 57,8: benché più longeve, queste ultime vivono un maggior numero di anni in condizioni di salute via via più precarie. Sono maggiormente colpite da patologie croniche meno letali che insorgono più precocemente e diventano progressivamente invalidanti con l’avanzare dell’età.

PAESE DI ULTRACENTENARI

Sono quasi 15 mila quelli residenti in Italia che detiene il record europeo assieme alla Francia. Al primo gennaio 2015, i super longevi erano oltre 19 mila, massimo storico.

CROLLO DELLE VEDOVE

Non ci si sposa più, prosperano le libere unioni, crescono separazioni e divorzi. Lo stato civile della popolazione residente in Italia cambia negli anni grazie al forte calo della primo-nuzialità, all’aumento della longevità e alla crescita dell’instabilità coniugale. Ma la novità è che tra le donne anziane le coniugate superano le vedove. Se al censimento del 1991, nella classe di età riferita ai 65 anni e più era prevalente la quota di donne vedove rispetto alle coniugate (50,5% contro 37,4%), al primo gennaio 2018, le coniugate superano le vedove (47,7% contro 41,9%).

E ciò grazie ai guadagni di sopravvivenza specialmente degli uomini che possono arrivare a età più elevate, facendo compagnie alle loro partner. A 45-54 anni un uomo su quattro non si è mai sposato mentre sono nubili quasi il 18% delle donne (più che raddoppiate rispetto al 1991). E poiché 7 figli su 10 nascono all’interno del matrimonio, la diminuzione dei coniugati si ripercuote sul crollo delle nascite.

Le libere unioni sono più che quadruplicate negli ultimi 20 anni, passando da 291 mila del 1996-97 a circa un milione e 325 mila del 2016-17. Boom anche delle famiglie ‘more uxorio’, passate da 196 mila a circa 512 mila. E mentre le separazioni hanno un trend in crescita, lieve ma costante negli anni, il divorzio ha registrato un aumento consistente a partire dal 2015, con 82 mila casi, ben il 57,5% rispetto al 2014, toccando quota 99 mila nel 2016 e rallentando (92 mila) l’anno dopo. Gli esperti dell’Istat lo spiegano gli effetti di due importanti variazioni normative in materia di scioglimento delle unioni coniugali.

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