Cronaca

La Chiesa risarcirà le vittime di un prete pedofilo francese

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A Lione sta per finire dopo anni di attesa il processo canonico a padre Bernard Preynat, accusato di violenza sessuale su dozzine di minori, dagli anni ’70 in poi. Lo riferisce la rivista online francese Mediapart che sottolinea che “entro due mesi” sarà consegnata la sentenza. Successivamente la Chiesa deciderà l’importo del risarcimento per ciascuna vittima, una procedura ritenuta “straordinaria”.

Non solo: il giornale annuncia anche che la Chiesa vuole istituire al più presto una scala di compensazione del dolore. Il processo canonico a Preynant – che non è stato mai giudicato in un processo civile – sarebbe ripreso a settembre “dopo oltre tre anni di colpi di scena”, scrive Mediapart che aggiunge: “L’istruzione del dossier è terminata a fine aprile”.

Caso emblematico dello scandalo della pedofilia nella Chiesa francese, la vicenda ha coinvolto l’arcivescovo di Lione, il cardinale Philippe Barbarin, condannato nel marzo scorso da un tribunale francese a sei mesi con la condizionale per non aver denunciato gli abusi sessuali perpetrati da padre Preynat e di cui era a conoscenza.

Barbarin in seguito ha anche presentato le proprie dimissioni a Papa Francesco. In una udienza privata, il Pontefice le ha rifiutate, invitandolo a lasciare la diocesi lionese. Ora Barbarin e’ in un luogo di ritiro lasciando la guida della diocesi al vicario generale moderatore, padre Yves Baumgarten.  

Il sacerdote Preynat, ora 72enne, ha officiato nella chiesa di Saint-Luc, di Sainte-Foy-les-Lyon, comune della metropoli di Lione, dal 1971 al 1991. Considerato un prete dinamico e carismatico, Preynat sovrintese centinaia di giovani scout (dai 7 ai 10 anni) della parrocchia e durante i numerosi campi estivi, primaverili e le attività del sabato e della domenica, abusò di loro.

Storie drammatiche e dolorose che le vittime – ora anche padri di famiglia – sono riuscite a esternare, solo dopo 30-40 anni, grazie all’aiuto ricevuto dall’associazione La parole libérée. Del caso Preynat era a conoscenza la diocesi di Lione ma il sacerdote, nonostante le denunce dei molti genitori, continuò la sua attività in parrocchia. Venne anche trasferito in altre chiese ma proseguì a occuparsi di catechismo e a celebrare messe con i cori.

Nel 2011 gli fu assegnata perfino la supervisione di una parrocchia più grande dal cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione dal 2002, che in seguito lo nominò decano nel 2013. La drammatica e scioccante storia, che ancora deve venire totalmente alla luce, ha toccato profondamente l’opinione pubblica francese. Grazie al coraggio delle vittime molti particolari sono stati svelati, anche con indagini giornalistiche e un libro inchiesta di Marie-Christine Tabet ‘Grace a’ Dieu, c’est prescrit – L’affaire Barbarin’. Anche il regista Francois Ozon ha realizzato un film “Grace a Dieu”, presentato allo scorso Festival di Berlino. La pellicola ha vinto l’Orso d’argento – Gran premio della Giuria. 

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PIERRE-PHILIPPE MARCOU / AFP

Il regista Ozon a Berlino

Tornando alla fine del processo canonico per padre Bernard Preynat, la rivista francese rivela che alcune vittime hanno già inviato le loro richieste al tribunale ecclesiastico. Ma occorre quantificare il danno di anni di sofferenza. Pierre-Emmanuel Germain-Thill, dell’associazione La parole libérée afferma che chiederà tra i 50 mila e i 100 mila euro: “È molto difficile stimare i danni subiti. Ho aggiunto l’infortunio fisico e morale per oltre 30 anni. Ho usato droghe a causa del trauma, ho avuto delle spese mediche. Ho anche considerato i miei fallimenti scolastici, negli anni delle aggressioni”.

Un’altra vittima – che preferisce rimanere anonima – precisa che farà richiesta di 100 mila euro così dipartite: 10 mila euro alla diocesi per non aver fatto ciò che era necessario per fermare il massacro di bambini innocenti, 90 mila euro a padre Bernard, 50 mila euro per il danno subito per diversi anni e 40.000 euro per mancato guadagno nella sua vita professionale a causa di conseguenze psicologiche.

Ma c’è anche chi, come Didier Bardiau, non rende pubblica la cifra, che si presuppone alta, che vuole però devolvere alle associazioni che si occupano di supportare le vittime di pedofilia. “Mi è stato chiesto di dare un prezzo alla mia vita – sottolinea -. Non posso quantificarla..”. E poi Laurent Duverger, che rimane dubbioso sulla procedura. “Potrei facilmente stimare i miei costi dalle sedute psicologiche. Ma un divorzio, una famiglia finita all’aria, tre anni e mezzo di violenza sessuale, quanto valgono?”. 

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