AGI – Wilson, dal significato del nome (‘protettore deciso’), Marconi, come la via romana di quel corso ormai lontano, ma ‘tatuato’ nel cuore. Tante storie, ricordi personali e di lavoro, un solo pseudonimo per raccontare i vice commissari della Polizia di Stato del 71esimo corso, quello cominciato il 2 novembre 1987. “Quella mattina – ricorda Fiorenza Maffei – inizia uno dei periodi più belli della mia vita”.
“Commissari – storie di vita”, Wilson Marconi Aletti Editore (16 euro, disponibile anche in ebook, copertina elaborata dal commissario Roberto Rapaccini) è quel libro che non ti aspetti: una sorpresa, per l’umanità che traspare ‘liberata’ dalle uniformi che hanno accompagnato la vita lavorativa di un gruppo di uomini e donne per cui la Polizia è stata prima un sogno, poi una strada verso l’emancipazione, infine un percorso di vita difficile, nei diversi incarichi su e giù per l’Italia inseguendo la carriera di un funzionario della Polizia di Stato, ma rivelatosi irrinunciabile per diventare quello che sono oggi.
Ognuno dei commissari della Polizia di Stato – 16 i protagonisti per una serie di racconti a tema libero, dalle storie personali alle più avvincenti vicende poliziesche accadute sul lavoro – alla fine ha parlato con il cuore, sentendo l’esigenza di raccontarsi. “Accarezzo la seta avorio lasciandola scivolare sulla vita – ricorda Fiorenza Maffei, citando i momenti della sua preparazione all’abito nuziale – forse devo fare allungare le maniche, saremo ad aprile, ma la primavera di Bologna è strana, qualche anno fa è persino nevicato, proprio il giorno della festa della Polizia….”.
Ma ecco che il telefono suona, la prova dell’abito da sposa si interrompe, la scena si sposta da Piazza Maggiore correndo con la musica in macchina verso la periferia e verso nuove indagini urgenti, nel crocevia tra Bologna, Modena e Ferrara, “da un po’ di tempo i furti di auto di grossa cilindrata sono diventati routine quotidiana, tanti, troppi….” .
Altro luogo, altra scena. “Era il 1992 e da poco ero stata trasferita dalla Sardegna a Taranto. In quegli anni in città dilagava la criminalità organizzata, con sparatorie in pieno centro e attentati…“, ricorda Maria Dolores Rucci, tanto che la questura fu rafforzata con il Reparto Prevenzione e Anticrimine, con l’invio sul posto di un centinaio di poliziotti. Un noto pregiudicato fu coinvolto in una sparatoria e morì sotto intervento in sala operatoria, Maria Dolores si trovò a gestire la surreale situazione con i familiari del morto e il quartiere in rivolta diretto in ospedale. Facendo finta che fosse ancora vivo, l’uomo, con tanto di flebo, fu trasportato in camera mortuaria.
Tinte da giallo, per vite avventurose, dove l’illuminazione di un caso drammatico e complesso può anche avvenire per caso al bar della questura facendo quattro chiacchiere con una collega “in una giornata che mi teneva il broncio e si ostinava a non dirmi nulla”: come è successo al commissario Raffaele Clemente, detto Maurizio, collezionista di foto di viaggio. Come ritrovare il bandolo inaspettato di una contorta matassa, che in fondo è la vita: “Pare che a volte le anime si cercano e quando arrivano a guardarsi in faccia …. S’aritrovano, E nun c’è verso”, è la morale (leggere per credere!)
Il libro scorre, le storie sono tante, ma a tenere insieme i diversi personaggi (che in tutti questi anni non sono mai persi di vista, con incontri in ogni parte d’Italia, grazie anche ai social e a un po’ di fortuna) è sempre l’inizio della storia di quei giovani che , negli anni 80, decidono di diventare commissari di Polizia. Così Carla Foti racconta l’inizio di una nuova vita: “Una nuova sfida si profilava – scrive – dimostrare di essere brava e di valere quanto e più dei colleghi maschi, vincendo i pregiudizi del tempo. Ma questa è un’altra storia”.
Fondamentalmente era “La vita che volevo”, sintetizza Leila di Giulio, citando ricordi semplici ma indelebili: “Un flash, la mattina del 2 novembre del 1987, tanti anni fa, ragazzi con la valigia poggiata accanto, in una stanza di ingresso di un grande stabile a Roma. Aspettavamo di entrare nel palazzo e nel nostro futuro”. “Quando ricordo quegli anni – spiega la commissaria Giusy Agnello – guardando indietro, per un attimo penso alle occasioni perdute e ai sacrifici pesanti per una giovanissima donna: eppure ancora oggi penso che rifarei ogni cosa e rivivrei ogni momento di quel periodo della mia vita”.
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