Cronaca

“Borrelli mi definì il migliore ministro della Giustizia. Non entrò in politica per coerenza”

borrelli martelli 

Camilla Morandi / AGF 

Claudio Martelli

“Con me è sempre stato cortese, disse che ero stato il miglior ministro della Giustizia, poi aggiunse assieme al suo amico Giovanni Maria Flick”.  L’ex ministro socialista, Claudio Martelli, ricorda in un’intervista all’Agi un aneddoto dell’ex capo del Pool di Mani Pulite, Francesco Saverio Borrelli, morto oggi a Milano. Martelli è stato uno dei protagonisti della prima Repubblica, abbattuta dalle inchieste del Pool. 

Negli ultimi anni Borrelli aveva maturato un giustizio un po’ critico sulla stagione di Tangentopoli…
In un’intervista, 20 anni dopo, disse che “non valeva la pena di buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale”. Mi colpisce il ripensamento di Borrelli dopo gli anni di ferro e fuoco di Mani pulite, che è stata la più colossale operazione di polizia giudiziaria della storia repubblicana. Una stagione con migliaia di inquisiti e 45, secondo alcuni 48, suicidi. 

Ma perché cambiò opinione?
Sicuramente c’entrava il giudizio di Borelli sulla classe politica della seconda Repubblica. Un giudizio che rivalutava i politici della prima, rispetto a quelli della seconda. E non riesco a immaginare cosa direbbe della situazione attuale.   

Che figura era l’ex capo del pool?
Una volta disse che fintantoché si trattava di decapitare il re la gente si eccitava, quando poi ci si è accorti che la lotta alla corruzione è una cosa un po’ diversa, qualcuno ha cominciato a infastidirsi. Mi colpì la metafora usata, ‘decapitare il re’, in cui è evidente che Borrelli si identificava coi giacobini, con Robespierre. In qualche modo sembrava rimpiangere l’epoca in cui la gente si eccitava. 

A differenza di altri componenti di quella squadra di magistrati, non entrò mai in politica… 
Questo è un atto di coerenza che gli va riconosciuto. 

Non salva proprio nulla di Mani Pulite?
Solo l’impulso originario, il proposito di condurre indagini più severe sulla corruzione. Tuttavia il punto è che poi si deve entrare nel merito, se nel compiere quelle indagini sono stati violati i diritti fondamentali delle persone. Quando a Borrelli venne contestata la carcerazione preventiva allo scopo di far parlare gli imputati, lui fece un giro di parole barocco ma che confermava questo sospetto. Disse una cosa tipo: non li incarceriamo per farli parlare, li scarceriamo quando hanno parlato. Per questo è difficile salvare qualcos’altro oltre l’impulso originario. Non si deve mai indagare violando i diritti del cittadino imputato.    

L’Italia di oggi è peggio di quella della Prima Repubblica?
Dal punto di vista della guida politica il confronto è impietoso, ma non è una responsabilità dei singoli. Nel bene e nel male i partiti formavano e selezionavano classe dirigente attraverso un percorso difficile…

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