Cronaca

La mafia a Roma non esiste. Lo ha stabilito la Cassazione

sentenza Mafia Capitale Cassazione

Il ‘Mondo di mezzo‘ non era un’associazione di stampo mafioso. Lo ha sancito la Cassazione nel processo su Mafia Capitale.

“Il reato di mafia è caduto per manifesta infondatezza. Finalmente c’è un giudice a Berlino”. Lo ha dichiarato l’avvocato Francesco Tagliaferri, difensore dell’ex esponente Nar Massimo Carminati.

“Una cosa e’ certa: la mafia in questo processo non esiste, e’ un’invenzione giuridica fatta a freddo”. Lo ha dichiarato Valerio Spigarelli, difensore di Luca Gramazio, l’ex consigliere regionale Pdl al quale in appello era stato riconosciuto il reato di associazione di stampo mafioso. 

“Ci sono i vivi sopra e i morti sotto e noi in mezzo, un mondo in cui tutti si incontrano. Il mondo di mezzo è quello dove è anche possibile che io mi trovi a cena con Berlusconi“. È da una frase (intercettata dal Ros) di Carminati, che distingueva i colletti bianchi (Mondo di Sopra) dai criminali (Mondo di Sotto), che nasce l’inchiesta sul ‘Mondo di Mezzo’, mediaticamente più conosciuta come ‘Mafia Capitale’.

Un’indagine, firmata dalla procura guidata all’epoca da Giuseppe Pignatone, che deflagra il 2 dicembre del 2014 con decine di arresti e centinaia di indagati e chiama in causa pezzi importanti della politica romana, sia di destra che del centrosinistra, con due personaggi principali sullo sfondo: Carminati, per l’appunto, con i suoi uomini di fiducia, e il responsabile della cooperativa ‘29 Giugno‘ (che dà lavoro ad ex detenuti) Salvatore Buzzi, assieme ai suoi collaboratori.

Per i pm, i due avrebbero messo in piedi un sodalizio criminoso che si accaparrava gli appalti (leciti e non) per la manutenzione urbana (come punti verdi e piste ciclabili) e per il sociale (business degli immigrati, ‘in primis’), una torta da milioni di euro ogni anno, coinvolgendo anche i vertici di Ama, l’azienda municipalizzata per i rifiuti. In primo grado, dopo 240 udienze celebrate a carico di 46 imputati nell’aula bunker di Rebibbia e diluite in 20 mesi, il tribunale fa cadere l’accusa di associazione di stampo mafioso e non riconosce l’aggravante del metodo mafioso. Per il collegio giudicante presieduto da Rosanna Ianniello, c’erano a Roma due associazioni per delinquere semplici, una capeggiata da Carminati e l’altra dallo stesso ex militante di destra assieme a Buzzi. La Corte d’appello, invece, ribalta tutto e recepisce l’impostazione originaria della procura. 

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