Cronaca

Chi sono e cosa fanno i ‘muli’ che aiutano i cybercriminali

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Un’operazione di Polizia coordinata a livello europeo ha consentito l’identificazione di oltre 1.500 prestanome specializzati nel trasferimento di somme di denaro provenienti da truffe informatiche. Tra i money mules – dall’inglese, muli del denaro – individuati, la Polizia Postale ne ha scoperti 101 italiani. 

Chi sono i Money Mules

I money mules (dall’inglese, muli destinati allo spostamento di denaro) sono individui reclutati dalle organizzazioni criminali come agenti di riciclaggio per nascondere l’origine dei proventi di attività illecite. Attirati dalla promessa di denaro facile, i muli trasferiscono fondi rubati tra conti, spesso in Stati diversi, per conto di altri. Normalmente viene loro offerta una commissione sui capitali che muovono.

I nuovi arrivati in uno Stato, i disoccupati e le persone in difficoltà economica sono spesso tra i più esposti. Secondo le forze dell’ordine, i casi di giovani che si prestano a questo ruolo sono in aumento, soprattutto tra gli studenti in difficoltà finanziarie e gli emarginati.

Secondo le autorità i criminali utilizzano sempre più spesso i social network per reclutare nuovi complici, avvicinandoli con finte offerte di lavoro. Ma la prospettiva di ottenere denaro facilmente – grazie all’home banking basta un clic per trasferire denaro da un conto a un altro – può avere importanti conseguenze penali: si tratta infatti di un reato grave e punito severamente, che può pregiudicare la reputazione di chi se ne renda responsabile anche dopo anni, nella richiesta di un prestito come nell’accensione di un mutuo.

Il fronte italiano

I prestanome offrivano la propria identità per l’apertura di conti correnti sui quali depositare denaro proveniente da frodi informatiche e campagne di phishing. Capitali ottenuti illegalmente che, proprio grazie all’attività dei muli e a dei trasferimenti internazionali anche fuori dall’Unione Europea, le organizzazioni cercano di ripulire, in cambio di piccole commissioni.

L’indagine italiana ha portato a 13 denunce e all’esecuzione di 50 arresti. I “muli” individuati sono considerati responsabili di 320 transazioni fraudolente, per un valore complessivo di circa 34 milioni di euro, riferiscono le forze dell’ordine. Di questi, circa 20 milioni di euro sarebbero già stati bloccati o recuperati. In tutta Europa gli arresti sono stati 168.

Operazione Emma 4

Come già avvenuto in analoghe operazioni precedenti, il dispositivo ha previsto due distinti segmenti di intervento: quello operativo ha avuto la durata di tre mesi – in particolare dai primi di settembre alla fine novembre – e ha visto la collaborazione dell’Unione Europea con le autorità di Moldavia, Norvegia, Ucraina, Svizzera, Regno Unito, Australia e Usa. Lo sforzo repressivo, coordinato dall’Europol, ha portato all’esecuzione di una molteplicità di operazioni di polizia giudiziaria.

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Hacker, cybercrime (Afp) 

Ora la prevenzione

La seconda fase dell’operazione, che ha avuto inizio oggi e che proseguirà fino a venerdì 11 dicembre, avrà a oggetto campagne di sensibilizzazione e prevenzione nei Paesi che hanno preso parte all’iniziativa, col fine di creare consapevolezza in chi favorisce, con la propria opera, il riciclaggio dei proventi di attività illecite come le frodi online o il phishing, e che commette a sua volta reati molto gravi.

L’operazione si è svolta anche con l’ausilio di oltre 300 istituti bancari e 20 associazioni bancarie, che hanno portato all’apertura di 837 indagini autonome.

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