Cronaca

“Per sconfiggere la Mafia è fondamentale aiutare le vittime”, dice l’esperto 

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“Uno dei modi migliori per sconfiggere la criminalità organizzata è quello di aiutare le vittime e i parenti delle vittime. È anche questo”. Felice Centineo, avvocato siciliano che dal 2003 si occupa in sede penale e civile di tutelare le vittime dell’organizzazione criminale – prima con la sua ‘maestra’ professoressa Mimma Tamburello e ora con il collega Roberto Avellone – ha assistito tra gli altri anche i parenti della scorta di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i giudici uccisi nella stragi di mafia del 1992.

Ma, a parte i nomi tristemente più noti, sono tanti i casi seguiti da Centineo. “Seguo questo filone dal 2003 – spiega all’AGI – tra i tanti casi, la costituzione di parte civile in Borsellino quater, nel Capaci bis, nel depistaggio per via D’Amelio”. Ma, ci tiene a dire: “Non andiamo solo alla prima udienza e all’ultima. No, noi seguiamo tutti i processi e cerchiamo di dare una mano per tutte le sedute”. “Chi si costituisce parte civile – prosegue – ha bisogno anche di forte supporto psicologico. Il mio lavoro, oltre che una professione, ha una componente sociale molto importante: io da avvocato dico sempre ai miei clienti che loro mi pagheranno l’onorario solo quando otterranno dei risultati, perché spesso si tratta di persone che si ritrovano in gravi difficoltà, anche economiche. È qualcosa in cui credo. Quando aiuti queste famiglie, per loro diventi un punto di riferimento”.

“Il supporto dello Stato è fondamentale – sottolinea ancora l’avvocato Centineo – la legislazione c’è, anche se sempre migliorabile. Forse, da un lato c’è un problema di comunicazione e dall’altro alcuni soggetti sono restii perché non sanno bene come lo Stato li puo’ realmente aiutare”.

 “Due sono gli strumenti piu efficaci – spiega – la legge 302 del ’90 che tutela le vittime del terrorismo poi estesa a quelle della criminalità organizzata: dà un primo aiuto e anche un vitalizio, a patto che ci siano certi requisiti. Non è necessario costituirsi parte civile anche se quasi sempre succede. Talvolta comunque i sussidi possono essere attivati dalle persone offese senza che ci sia ancora una sentenza o anche in caso di non individuazione del responsabile”.

E poi, il secondo strumento a disposizione, è la “legge 512 del ’99 che ha istituito il Fondo di rotazione per le vittime dei reati di tipo mafioso: anche qui non è necessario costituirsi parte civile, basta che ci sia la condanna; e dietro taluni requisti, che correttamente sono sempre piu stringenti, è possibile accedere a quel Fondo. Anche se oggi il Fondo ha dei problemi organizzativi, ma – assicura – non mancano le disponibilità economiche”.

Le leggi a tutela, quindi, ci sono. Anche se, ammette Centineo, “i rimedi andrebbero resi più omogenei per quanto riguarda i requisti. Non dovrebbero esserci uffici separati – osserva – o almeno dovrebbero comunicare meglio tra loro. Perché talvolta c’è stato anche un doppio indennizzo a causa di una mancata comunicazione. Quindi lo dico a tutela dello Stato”. Per quanto, non esita ad aggiungere: per le vittime si tratta “sempre di risarcimenti molto amari che hanno dietro sofferenza, dolore, sradicamento dal territorio nativo”.

Sono sempre più numerosi coloro che decidono di costituirsi parte civile perché in questo modo la persona offesa o danneggiata da un reato può intervenire nel processo contro l’autore dell’illecito per chiedere che quest’ultimo sia condannato non solo alla pena prevista ma anche al risarcimento dei danni, sia morali che materiali. Anche se la decisione viene presa in alcune regioni più che in altre.

“In Sicilia c’è una maggiore cultura in tal senso – sostiene Centineo – le domande di accesso al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso provengono per oltre il 60% dalla Sicilia dove c’è una maggiore coscienza della tutela dei propri diritti. Così come anche in Campania”.

Mentre, osserva, più complicata è la situazione in Calabria: “Presso la fondazione Scopelliti di Reggio Calabria, con la presidente Rosanna Scopelliti, ho creato uno sportello legale perché lì c’è molto da fare. La Calabria – dice – sembra la Sicilia degli anni ’80. Da una parte c’è la difficoltà a convincere la gente ad attivare questi meccanismi, ma c’è anche una criminalità organizzata ancora più intrisa negli alti livelli economici della Regione. E spesso – sottolinea – mancano condanne per 416 bis. Io penso che in quella terra si possa fare molto e mi auguro che le ultime inchieste portate avanti dalle procure di Reggio Calabria e di Catanzaro, guidate da Bombardieri e Gratteri, possano far luce su tanti episodi, anche su quelli piu’ antichi”.

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