Cronaca

Le pagine delle motivazioni della sentenza per la morte di Cucchi

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 Mauro Fagiani/AFP

 Ilaria Cucchi con l’avvocato Fabio Anselmo

“È risultato pacifico” che Stefano Cucchi, la sera del suo arresto, “avesse non solo e non tanto rifiutato di sottoporsi al fotosegnalamento ma avesse anche insultato i militari che stavano legittimamente svolgendo il loro servizio, tenendo una condotta quantomeno oltraggiosa nei loro confronti”. Ma, spiega la corte d’assise di Roma nelle motivazioni della sentenza sul pestaggio e sulla morte del geometra 31enne, “è indiscutibile che la reazione poi tenuta” dai carabinieri Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo (condannati a 12 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale, ndr) “sia stata illecita e assolutamente ingiustificabile”. 

“L’istruttoria dibattimentale ha consentito di raggiungere delle indubitabili certezze: a seguito dell’arresto di Stefano Cucchi e, in particolare, in sede di permanenza nella sala adibita a fotosegnalamento presso la compagnia Casilina si è verificato un evento traumatico ai suoi danni”

Il verbale

“Il verbale di arresto di Stefano Cucchi appare già, ad un prima lettura, un concentrato di anomalie, errori ed inesattezze. Il soggetto sottoposto alla misura pre-cautelare viene indicato nell’incipit con luogo e data di nascita a lui non pertinenti”. Lo evidenzia la corte d’assise di Roma nella motivazione della sentenza pronunciata il 14 novembre scorso con la condanna per falso dei carabinieri Francesco Tedesco (2 anni e mezzo di reclusione) e Roberto Mandolini (3 anni e 8 mesi).

Per la corte, questa “sagra degli errori rafforza la sensazione che l’attestazione dell’identificazione di Cucchi a mezzo di rilievi foto-segnaletici e di accertamenti dattiloscopici sia stata una (macroscopica, madornale) svista”.

L’omissione dei nomi di Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro (i carabinieri ritenuti i protagonisti del pestaggio, ndr) tra gli autori dell’arresto di Stefano Cucchi è stata casuale? No, per la corte secondo cui ciò “l’assenza dei due è funzionale alla cancellazione di qualsiasi traccia della drammatica vicenda avvenuta all’interno della caserma”.

Ma “le altre indicazioni contenute nella descrizione dell’oggetto del verbale di arresto sono state frutto di disattenzione degli autori dell’atto, e non del deliberato intento di fornire una falsa rappresentazione”. Per la corte, tra omissioni, falsi ed errori, tutta la situazione maturata dalla sera dell’arresto di Cucchi è stata “caratterizzata da pressappochismo e sciatteria”.

Quella dei due imputati – fa sapere la corte – è stata “una azione violenta perpetrata nel corso dello svolgimento del servizio d’istituto, quindi, per un verso facendo un uso distorto dei poteri di coercizione inerenti il loro servizio, per altro aspetto violando il dovere di tutelare l’incolumità fisica della persona, decisamente minuta e di complessione fisica molto meno prestante rispetto ai due militare, sottoposta al loro controllo”

Il super testimone

È da considerare “credibile” il ‘supertestimone’ del pestaggio in caserma Francesco Tedesco, il carabiniere assolto dall’accusa di omicidio preterintenzionale in relazione alla morte di Stefano Cucchi e condannato per falso a due anni e mezzo di reclusione.

“La narrazione” del militare dell’Arma sulle fasi immediatamente successive all’arresto di Cucchi è stata riscontrata da numerosi elementi. Per la corte d’assise, Tedesco non solo è intervenuto per “cessare l’azione violenta”, impedendo ai colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro di continuare il pestaggio, ma “ha spiegato in modo comprensibile e ragionevole il suo pregresso silenzio, sottolineando il ‘muro’ che aveva avuto la certezza gli si fosse parato dinnanzi costituito dalle iniziative dei suoi superiori, dirette a non far emergere l’azione violenta perpetrata ai danni di Cucchi, e a non perseguire la volontà di verificare che cosa fosse realmente accaduto”, la sera dell’arresto.

 Il commento di Ilaria Cucchi

“Leggo le 130 pagine delle motivazioni della sentenza per la morte di Stefano e ogni tanto devo smuovermi per capire che non sto sognando. Anni ed anni trascorsi nelle aule di tribunale a sentir dire da dei gran professoroni che mio fratello era morto di suo o comunque di qualcosa di bizzarro. Anni ed anni a combattere contro l’ipocrisia e l’arroganza del potere. Non ero sola per fortuna, perché da sola non avrei potuto fare nulla. Ma proprio nulla”. Così Ilaria Cucchi in un post su Facebook. “In tutti questi anni ho visto delle persone lottare per un’idea. Ed il mio ringraziamento oggi va a loro. Quelle persone sono Fabio, il mio avvocato, ed i miei consulenti medico legali. Avevano ragione loro. Su tutto! E sarò loro per sempre grata per non essersi arresi” conclude. 

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