Cronaca

La dipendenza da Fortnite sta diventando un problema serio

La dipendenza da Fortnite sta diventando un problema serio

 (Afp)

Un ragazzo mentre gioca a Fortnite sulla Ps4

L’Organizzazione mondiale della sanità a giugno, per la prima volta, ha riconosciuto la “dipendenza dai videogame” come una malattia. Probabilmente solo a giugno perché la situazione con l’avvento di tecnologie sempre più avvincenti va sempre peggiorando. Non è un disturbo nuovo, infatti, come spiega un articolo di Bloomberg, già dai tempi dell’Atari, bisnonna in pratica delle attuali console, si registrarono i primi casi di dipendenze.

Ora però tutto si sta evolvendo con una velocità che ha costretto gli esperti a dover affrontare di petto un problema che investe una quantità infinita di persone, un problema che ha, soprattutto, un nome: Fortnite. Al momento il videogame registra 200 milioni di utenze.

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Bloomberg racconta, per esempio, la storia di Carson, 17 anni e più di 12 ore al giorno passate davanti ad uno schermo tentando di restare l’ultimo in piedi contro gli altri 99 concorrenti della partita; “Avevamo fatto qualche progresso nel convincerlo a ridurre le sue ore di Fortnite e dormire meglio, ma è tornato alle sue vecchie abitudini”, dichiarano disperati i genitori. “Non ho mai visto un gioco che abbia un tale controllo sulle menti dei bambini”, è vero, lo conferma Lorrine Marer , una specialista comportamentale britannica che lavora con i bambini che combattono la dipendenza da gioco. “Una volta che sei agganciato a questo gioco, è difficile smettere ”.

Nessun commento ufficiale dal produttore

La Epic Games Inc., azienda che produce Fortnite (attorno al quale gira un business che orbita sul miliardo di dollari), in passato ha lanciato degli avvertimenti ma per quanto riguarda il problema della dipendenza si rifiuta di commentare. E nel frattempo il problema si allarga e non riguarda più solo bambini e adolescenti, nel Regno Unito pare infatti che Fortnite sia stato citato in più di 200 cause di divorzi.

Ma non finisce qui, scrive infatti Bloomberg che “Anche gli atleti professionisti ne sono dipendenti. Lo staff dei Vancouver Canucks, della National Hockey League, ha avuto così tanti problemi nel portare i giocatori alle riunioni e alle cene che ha deciso di bandire Fortnite.

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David Price, lanciatore per i Boston Red Sox della Major League Baseball, vincitori della World Series, a maggio ha fornito una prestazione disastrosa contro gli storici avversari dei New York Yankees a causa di problemi al polso che potrebbero essere stati esacerbati da Fortnite. Altri giocatori di baseball professionisti sono così ossessionati da Fortnite che hanno agganciato il gioco al sistema video Jumbotron dello stadio per giocare mentre aspettano i turni di battuta in allenamento”.

Cam Adair è un ragazzo che a 15 anni ha dovuto lasciare la scuola a causa della dipendenza dai videogiochi, oggi ci rientra per sensibilizzare i ragazzi al problema. “I giocatori di Fortnite – dice – competono in combattimenti di 100 persone fino a quando l’ultimo è in piedi, il che rende difficile l’abbandono della partita una volta avviata. Scoppia la terza guerra mondiale se un genitore chiede al figlio di venire a cena, perché se se ne va perde”.

Pagamenti online

F​ortnite è distribuito gratuitamente, i proventi arrivano dalla vendita di armi speciali e particolari “skin” per il proprio personaggio, addirittura la Epic Games pare abbia chiuso un sostanzioso accordo con la National Football League per mettere a disposizione dei giocatori le maglie delle proprie squadre preferite.

Il problema dunque si allarga e di frequente capita che ai genitori arrivino pagamenti fatti online dai figli con la propria carta di credito a loro insaputa, anche qui il giro di soldi è enorme, tant’è che in Olanda è anche stato pubblicato uno studio che paragona i danni economici creati dalle piattaforme di gioco online a quelli del gioco d’azzardo.

Paul Weigle, uno psichiatra del Mansfield Center, nel Connecticut, sta seguendo 20 ragazzi dipendenti da Fortnite e raccomanda ai genitori di non permettere ai figli di avvicinarsi ai videogames prima dei 10 anni e di fissare severe regole sugli orari da dedicargli, dato che più si va avanti più questi giochi diventano sofisticati e dediti ad agganciare il proprio pubblico e tenerlo davanti allo schermo il più possibile; infatti ammette che “sarà un problema sempre più grosso”.

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