Cultura

Francesca Mannocchi ai giovani: “Volgete lo sguardo oltre il confine”

AGI – “I ragazzi di oggi sono bellissimi, soprattutto quelli di 18-20 anni che sono riusciti a riportare in piazza, in modo massiccio, tante persone attraverso iniziative come Friday For Future. Sono bellissimi anche i più piccoli, quelli dagli 11 anni in su che ho avuto modo di incontrare in diverse occasioni nelle scuole: sono curiosi, non hanno paura di fare domande, non temono il confronto. Sono limpidi, vivi“. Lo dice all’AGI Francesca Mannocchi, giornalista esperta di migrazioni e conflitti, realizzatrice di reportage come quelli su Afghanistan, Libia, Libano, Yemen, Ucraina.

Mannocchi ha scritto per loro, per quei ragazzi che definisce giustamente “bellissimi”, un nuovo libro dal titolo “Lo sguardo oltre il confine” edito da DeAgostini, con cui racconta ai giovani dalle scuole medie in su, i conflitti di oggi conducendoli attraverso racconti ambientati nei Paesi dove ha lavorato, vissuto e visto da vicino, alcuni fatti, eventi, personaggi.

Il risultato è perfetto: ne esce un libro utilissimo per ragazzi e insegnanti, per tutti quei docenti che vogliono andare ‘oltre’ i libri di scuola contemporanei che non arrivano certo ai conflitti dei giorni nostri, al caso Donbass per esempio, o alla questione Curda.

“L’dea – spiega l’autrice – è nata su proposta della casa editrice che aveva il desiderio di raccontare le grandi crisi del mondo ai ragazzi. I giovani sono sommersi di informazioni su crisi e guerre attraverso i social, media e web, ma non hanno accesso alla storia, alle origini e motivazioni di un conflitto. Il mio libro non ha certo l’ambizione di essere un testo di storia ma un aiuto per la comprensione di quello che accade oltre i nostri confini. Nel volume ci sono le storie individuali, vite di persone che ho conosciuto, scelte sulla base dei Paesi che conosco meglio. Con lo scopo di contribuire a creare nei ragazzi una sorta di ‘mappa’, di idea di quello che sentono”.

Il libro si arricchisce di un glossario: “Sì – spiega Francesca Mannocchi – credo sia giusto riportare ordine sul significato delle parole e invitare i ragazzi a pensare che dietro ogni parola usata, ci sono delle storie che non vanno dimenticate”. Così, quando si parla dall’Afghanistan, non si può proseguire la lettura se prima non ci si ferma a leggere cosa vuol dire ‘sharia’, o la nota che spiega cosa vuol dire ‘talebano’, ‘urbicidio’, ‘isis’.

E per ogni storia riferita al Paese trattato, c’è al termine del capitolo una cronologia facile e veloce che aiuta a memorizzare gli eventi. “Ho cercato di scrivere nel modo più semplice possible – spiega ancora Mannocchi – per non annoiare i ragazzi e per fare in modo che il testo sia scritto con una lingua accessibile a loro. Parlare con un 12enne non è semplice come con un 18enne. L’ho sperimentato quando giravo le scuole per presentare il mio libro ‘Io Khaled vendo uomini e sono innocentè, dedicato al tema del traffico di essere umani”.

Ma le parole, cui Mannocchi attribuisce grande importanza, come ‘rifugiato’ per esempio, servono per non essere usate con superficialità percé, dice la giornalista, dobbiamo “chiederci sempre se i termini che usiamo per descrivere la realtà e gli esseri umani, non rischino di diventare una gabbia“.

E quindi, “ogni volta che definiamo la vita di un essere umano, chiamandolo rifugiato, profugo o migrante, dobbiamo ricordarci che rischiamo di associare a quella persona un’etichetta che non rende giustizia alla sua vita di prima. Alla vita in cui quel rifugiato, o profugo, era uno studente, una lavoratrice, una madre, una nonna”. Bisogna “partire dall’ascolto, dall’esperienza di una persona, per allargare lo sguardo: per fare in modo che una vita non resti solo espressione di una emozione ma sia parte del più ampio significato del tratto di Storia che vive”.

Cambieranno il mondo i giovani di oggi? “Sono molto più informati di quanto si possa pensare – conclude Mannocchi – difendono l’ambiente e sanno che questo è il primo vero grande problema. Non si sottraggono al confronto. Capiscono la questione migratoria. Non sono affatto passivi. Io sono molto fiduciosa”.  

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