Cultura

Claudio Magris ha spiegato perché non bisogna confondere Ezra Pound con CasaPound

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 Un ritratto di Ezra Pound

In un intervento sul Corriere della Sera, lo scrittore Claudio Magris affronta una delle figure più importanti della letteratura contemporanea, ma da una prospettiva inedita: l’uso che un movimento politico di ultradestra ha deciso di farne appropriandosi del suo nome. A Ezra Pound è ispirato CasaPound, ma secondo lo scrittore triestino non bisogna accomunare “un volto di insopprimibile dignità, scavato dal dolore e misteriosamente sereno; uno sguardo perduto in se stesso e in chissà quali lontananze, capelli bianchi da profeta o da pastore errante” con la manifestazione neofascista organizzata per il 3 novembre proprio a Trieste.

“È difficile e insieme doloroso abbinare il nome del grande poeta — e il suo volto di Edipo cieco e veggente, perseguitato dal fato — e un’associazione che propugna un regime totalitario al quale è intrinseca la violenza” scrive Magris, che pure invita a fare delle differenze: “Gentile non è Farinacci, certe intelligenti misure prese dal regime al tempo della grande depressione del 1929 non sono l’olio di ricino dato agli avversari politici”.

Tuttavia, sottolinea Magris, “il fascismo va condannato senza remore, ma con equanimità” e “in ogni caso un regime liberticida mal si concilia con quell’umanità che c’è nello sguardo e nella persona di Pound”.

Un fascista finito in gabbia

Certo, Pound è stato fascista, riconosce lo scrittore, “i suoi discorsi alla radio italiana contro gli Stati Uniti, contro il suo Paese in guerra, sono una colpevole dismisura, che è stata peraltro punita non con quel rispetto che deve esserci pure in ogni severità, ma con l’oltraggio e la volgarità della vendetta”. A guerra finita, ricorda Magris, Pound fu rinchiuso dagli americani a Pisa in una gabbia e più tardi, negli Stati Uniti, nel manicomio criminale di Saint Elizabeth.

Il primo atto del Fascismo è stato salvare l’Italia da gente troppo stupida per saper governare, voglio dire dai comunisti senza Lenin. Il secondo è stato di liberarla dai parlamentari e da gruppi politicamente senza morale. Quanto all’etica finanziaria, direi che dall’essere un paese dove tutto era in vendita, Mussolini in dieci anni ha trasformato l’Italia in un paese dove sarebbe pericoloso tentare di comperare il governo

Ezra Pound

Ma a sua difesa scrive che “nel fascismo di Pound c’era probabilmente una grande ingenuità politica”. Ma chi era davvero Ezra Pound?

“Affascinato da alcuni principi sociali del primo fascismo, quello sansepolcrista”, secondo Magris, “non vedeva il totalitarismo dispotico, i delitti, la violenza che pure gli era invisa”. Era affascinato dalle teorie economiche e finanziarie di C. H. Douglas e di Silvio Gesell sulla svalutazione più rapida possibile e l’abolizione dell’interesse per cancellare le disuguaglianze fra la ricchezza dei pochi e la povertà dei molti. 

Perché era antisemita

E l’ossessione per l’usura, il sistema bancario e “il denaro che produce denaro” lo aveva spinto su posizioni antisemite che stonano con “l’amicizia di Pound con vari scrittori ebrei e la generosità dimostrata nei suoi confronti da critici e autori ebrei”. “La sua visione di un’economia giusta e umana, in cui i beni circolano come in una famiglia, è un’utopia generosa, ma soffermarsi su pretese e assurde colpe degli ebrei mentre infuriava lo sterminio di milioni di essi è imperdonabile” scrive Magris.

Ma allora che rapporto avere con i grandi autori caduti nel grande inganno? 

“Non ameremo Pound di meno per il suo tragico abbaglio e la sua grandezza poetica non ci farà prendere sul serio le sue teorie” scrive Magris, “È un grande del Novecento, un protagonista di quella rivoluzione dell’arte e della letteratura moderna che ha sconvolto e ricreato le forme espressive, l’immaginario, il volto del mondo e della storia, il linguaggio. Quest’avanguardia culturale ed espressiva, protagonista del secolo, si era incontrata pure col fascismo, come dimostrano alcuni notevoli artisti, specialmente futuristi, che ne erano stati affascinati e che, divenuti icone di regime, accademici in feluca, non sono stati più veri artisti creativi. Pound non si è messo la feluca; è rimasto un profeta inascoltato e fuorviato, uno sperduto pioniere del West che egli amava.

Non chiedete a un potea come bisogna votare

“Non è bene chiedere ai poeti indicazioni politiche” sintetizza Magris, “Alcuni dei più grandi scrittori del Novecento sono stati fascisti, nazisti, stalinisti: Pirandello, Céline, Hamsun, i poeti francesi che si recavano devotamente a Mosca ad assistere consenzienti alla «Messa rossa» ossia alle impiccagioni staliniane di molti loro compagni. Continuiamo ad amare Hamsun — come lo amava Singer, nonostante la sua celebrazione di Hitler — e Céline nonostante le sue imperdonabili Bagatelle per un massacro, ma non chiederemo loro come votare”.

“Continuiamo ad amarli” conclude, “perché le loro pagine ci mostrano un volto e un senso della vita che essi stessi non hanno voluto o saputo comprendere lucidamente. Le loro affermazioni o esternazioni ideologiche sono spesso in contrasto con un loro forte e generoso sentimento della vita e dell’uomo, sentimento che nutre la loro arte e viene negato dalla loro rozza, infelice e barbara ideologia”

Ma perché continuare ad marli, nonostante il ‘grande abbaglio’?. Perché “grazie ad essi”, spiega Magris, “abbiamo compreso e fatto nostre delle verità che essi non sono stati capaci di cogliere dalle loro opere. Si sono identificati con il male, forse perché hanno dolorosamente creduto che la storia fosse inevitabilmente un cancro e che il male fosse la tragica verità della vita. C’è, nelle loro aberrazioni, un autolesionista e ostentato disprezzo dei valori universali umani, che essi sono stati incapaci di distinguere dalla retorica che certo spesso li avvolge. Quei grandi che si sono volutamente accecati come Edipo ci aiutano spesso, senza volerlo, a scoprire la giusta strada, che va in direzione opposta a quella presa da loro. Non è bene, in nessun caso, affibbiare loro un distintivo o una tessera. Giù le mani dai poeti”.

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