Cultura

La Treccani spiega alcune parole nuove trovate nei brani Indie servendosi di Spotify

La Treccani spiega alcune parole nuove trovate nei brani Indie servendosi di Spotify

 Zumapress / AGF

 Leonardo D’Erme, in arte Calcutta

Novant’anni portati benissimo quelli della Treccani, non c’è dubbio. L’enciclopedia più nota e importante nel nostro paese, che ha permesso a innumerevoli generazioni di italiani di tenersi informati ben prima che tutto si potesse trovare su Internet (ad una qualità, molto spesso, estremamente inferiore). Un’azienda editoriale però, che con la rete è tranquillamente scesa a patti senza farsi intimorire.

Oggi l’enciclopedia fa un ulteriore passo in avanti in questo senso e per avvicinarsi ai giovani ha deciso di passare dalla musica, ma non da una musica qualsiasi, ma proprio da quella al momento più in voga: il famigerato “indie”. Le motivazioni sono facilmente intuibili; la cultura di un popolo cambia faccia, si evolve, muta la propria geografia e se si vuole continuare, come lo si è sempre fatto, con estrema naturalezza e professionalità, non ci si può permettere il lusso di snobbare ciò che ti accade intorno. Per cui non esiste modo migliore per raccontare le parole della nostra meravigliosa lingua attraverso i testi di questa nuova generazione di cantautori. Che a prescindere dall’estetica molto spesso discutibile, sono indiscutibilmente i più ascoltati.

In realtà a far sorridere non è l’idea in sé, ma il fatto che per svilupparla (ma questo dimostra un’apertura mentale tanto furba quanto invidiabile da parte dell’azienda) siano stati scelti anche artisti come Calcutta, Carl Brave, Coma_Cose, Cosmo, Ghali e i Thegiornalisti. E non perché questi artisti scrivano in un’altra lingua, ma perché siamo stati abituati, anche giustamente, a operazioni simili con autori tipo De Andrè, Battisti, Dalla o Paoli, che non era insolito trovare tra le pagine dei manuali di narrativa di medie e liceo.

Tutt’altra categoria, non è questo il punto, ma magari al momento, per lo scopo dell’iniziativa della Treccani, paradossalmente meno funzionali. Ma in cosa consiste effettivamente il progetto? Presto detto. Lo scopo è quello di spiegare alcune parole della lingua italiana attraverso l’uso che ne fanno i nuovi autori. Quindi il tutto parte da una parola, pubblicata sulla pagina Facebook della Treccani, come per esempio l’ultima: “Pungicare”. Per analizzarla è stato scelto un testo di Calcutta dal titolo “Kiwi”, che recita “Mettimi sotto il cuscino un alveare/Tanto quello che voglio da te/Quello che voglio da te/È farmi pungicare” e nel post la Treccani scrive “A volte l’amore può esprimersi usando forme arcaiche della nostra lingua. È il caso di “pungicare” (o “puncicare”), un termine desueto (pensate che lo usava Carlo Goldoni) rimasto però nel dialetto romanesco.

Il significato è quello che state immaginando: pungere, punzecchiare, anche in senso figurato. In “Kiwi” di Calcutta, l’uso figurato è rafforzato dalla metafora dell’alveare sotto il cuscino, che introduce i versi in cui il narratore dichiara all’amata di essere disposto a farsi punzecchiare e, più avanti nel testo, a subire dispetti ben più pesanti”. Una volta spiegata la parola ecco fornito il link (questo) per raggiungere su Spotify la playlist che si aggiorna periodicamente di nuovi pezzi e nuove parole.

Sono già state spiegate “Arpia” con il pezzo dei Verdena “Razzi, Arpia, Inferno e Fiamme”, “Strano” tramite il pezzo di Fabri Fibra “Stavo pensando a te”, “Povertà” con le splendide parole di “Punk Sentimentale” de’ Le Luci della Centrale Elettrica e molte altre ancora (finora 15 in totale). Un’idea geniale, un modo nuovo di confrontarsi con i propri utenti e reggere perfettamente ad un’epoca nella quale sfogliare fisicamente un’enciclopedia è un’attività di fatto, purtroppo, morta. Certo, ora in un paio di click si trova tutto, ma il risultato è aver creato intere generazioni di ragazzi incapaci di prendere in mano un libro. E lo chiamano progresso…

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