Cronaca

La strana storia della modella che non fece causa al suo sequestratore

La strana storia della modella che non fece causa al suo sequestratore

 Chloe Ayling / Instagram

 Chloe Ayling
 

Non è chiaro se non abbia i soldi per pagarsi un avvocato oppure voglia tenersi fuori da questo secondo processo per altri motivi. Fatto sta che Chloe Ayling non otterrà nessun risarcimento per i danni patiti dal presunto sequestro di cui sarebbe stata vittima. Michal Konrad Herba è accusato di avere aiutato a rapirla il fratello Lucasz, già condannato in primo grado a 16 anni di carcere.

Aveva tempo fino all’udienza di oggi per costituirsi parte civile, passaggio indispensabile se si vogliono ottenere dei soldi in caso di condanna dell’imputato quando si viene indicati come possibili parti offese in un processo. La 21enne modella inglese però non si è presentata in aula né ha fatto sapere ai giudici della Corte d’Assise di Milano di avere nominato un legale in sua rappresentanza dopo che il suo ex avvocato, Francesco Pesce, l’aveva lasciata al suo destino perché non era stato pagato dopo averla affiancata nel processo a Lucasz Herba.  

Un post condiviso da Chloe Ayling (@chloeayling97) in data: Ott 24, 2018 at 10:10 PDT

A questo punto i giudici hanno dichiarato aperto il dibattimento, chiudendo la fase dedicata ai ‘preliminari’ del processo, quello spazio di tempo in cui è possibile, tra le altre cose, costituirsi parte civile. Tempo scaduto per Chloe e, secondo il suo ex avvocato, ora potrebbero essere guai seri.

“Non solo non verrà stabilito un risarcimento a suo favore nel caso di condanna, come nell’altro processo, quando i giudici avevano disposto una provvisionale di 60 mila euro a carico di Lucasz Herba – spiega all’Agi l’avvocato Pesce – ma nemmeno lei potrà dare il suo contributo, tramite un legale, all’esito del processo. E se Michal Konrad dovesse essere assolto i giudici d’appello potrebbero mettere in discussione anche la condanna per Lucasz”.

Chloe non ha mai pagato l’avvocato

Dall’udienza del 24 ottobre scorso, era emersa la decisione di Pesce di revocare il mandato:  “Mi deve i 6 mila euro liquidati dai giudici di Milano con la sentenza. Sono stato contattato nelle settimane scorse dal suo agente dal quale ho saputo che lei i soldi ce li ha, ma non ha autorizzato a darmeli. Un atteggiamento che mi ha infastidito, se penso che l’ho affiancata gratis per un anno e tre mesi e l’ho pure aiutata a scrivere una parte del suo libro, dandole anche dei suggerimenti per promuovere la sua immagine”.

In questi mesi, ricorda Pesce, la ventunenne con un seguito di 135 mila follower su Instagram, ha avuto diverse occasioni di ‘monetizzare’ la celebrità goduta proprio in seguito alla vicenda giudiziaria, dalla partecipazione al ‘Grande Fratello Vip’ britannico alle pubblicità.

Il legale ha incaricato un suo collega nei giorni scorsi di occuparsi del recupero del denaro che gli deve Chloe attraverso un decreto esecutivo del Tribunale. Chiede i soldi che gli sono dovuti più le spese, per una somma totale che si aggira sui 15 mila euro.

A giugno la prima condanna

L’11 giugno 2018, la Corte d’Assise aveva condannato il 30enne polacco di Birmingham per sequestro di persona a scopo di estorsione. All’imputato erano state riconosciute le generiche che gli hanno consentito di evitare una pena ben più severa, considerando che il reato, tra i più gravi per la nostra legge perché incide sulla libertà personale, viene punito col carcere tra i 25 e i 30 anni, in assenza di attenuanti.

Sceneggiature

Prima che i giudici si riunissero in camera di consiglio, il legale di Herba, l’avvocato Katia Kolakowska, aveva ipotizzato che il sequestro sarebbe stato ispirato, in accordo tra i due giovani, al film ‘By any means’. Stando agli stessi autori della pellicola, uscita otto settimane prima dei fatti, le somiglianze con la trama del film appaiono “infinite”.
Di certo da questa vicenda è scaturita una ‘sceneggiatura processuale’ piena di colpi di scena che ha appassionato per mesi i tabloid britannici, presenti in forze in aula coi loro corrispondenti.

Il lato oscuro della Rete

Il pm Paolo Storari aveva definito Lucasz Herba un “mitomane avventuriero” sostenendo che col sequestro, avvenuto tra l’11 e il 17 luglio dell’anno scorso, avrebbe voluto accreditarsi nel ‘deep web’ dove avrebbe minacciato di venderla all’asta.
La ragazza, liberata dopo una richiesta di riscatto in un primo tempo di 300 mila e poi di 50 mila dollari, mai ottenuti,  sarebbe stata costretta a “violenze fisiche e psicologiche”, tra cui “l’ammanettamento”, la narcotizzazione con una droga molto potente, la ketanina, e “il brutale trasporto dentro una valigia” fino a una baita in Piemonte.

In aula gli investigatori hanno spiegato che il “piano iniziale dei due fratelli era quello di sequestrare la modella a Parigi ma poi in quel periodo, nell’aprile del 2017, c’era stato l’attentato sugli Champs Elysees e i due scelsero Milano perché era più sicura per portare a termine il rapimento”.

In alcune mail sequestrate, Herba, che aveva creato il sito ‘Bleck Death’, si presentava come un “guerrigliero” che aveva “già fatto vittime in Iran e Afghanistan e disposto anche a vendere donne”.

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