Cronaca

Salvini vuole le urne a ogni costo. Anche quello di andare all’opposizione

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Urne a tutti i costi. Salvini punta sempre alle elezioni anticipate, “il 20 sfiduciamo Conte, poi prima si vota meglio è”. Lo scontro odierno è sulla Open Arms. Il responsabile del Viminale ha annunciato ricorso contro la decisione del Tar del Lazio di sospendere il divieto di ingresso in acque italiane e il premier ha chiesto in una lettera di far sbarcare i minori. “Conte vuole restare a palazzo Chigi, si comporta come se non fosse stato sfiduciato”, il ‘refrain’ di diversi ‘big’ della Lega.

Il partito di via Bellerio sta valutando i prossimi passi legati alla crisi. La strategia è quella di tentare di spaccare M5s da una parte e il Pd dall’altra, non permettere che si completi la saldatura. Martedì Salvini si è rivolto ai pentastellati: “Pensatevi tre volte prima di allearvi con i dem”. E ha citato, nel suo intervento in Aula, anche Zingaretti, ricordando quando insieme hanno subito la contestazione dei Casamonica. Ed è proprio alle mosse del segretario dem che guarda il vicepremier. Con i suoi sostiene che con le urne il segretario dem, magari nelle vesti di candidato premier, potrebbe fare una campagna anti-Lega, da unico vero oppositore al governo giallo-verde. Potrebbe – questo il ragionamento di un ‘big’ del Carroccio – trarre vantaggio tagliando fuori Renzi, per questo non si capisce la sua convenienza nell’abbracciare il Movimento 5 stelle.

Il vero nemico è Renzi

La campagna elettorale che Salvini porterà avanti – qualora si arrivasse al voto – sarà tutta incentrata su Renzi. E sarà il senatore di Scandicci – questa la convinzione del responsabile del Viminale – che, anche se dovesse partire il governo, in primavera darebbe la spallata per tornare a dettare legge nel Pd. Ma nella Lega si osservano pure le mosse in ‘casa’ pentastellata: “Come possono passare da governare con la destra direttamente con la sinistra? Farebbero la fine dell’Ncd”, la tesi.

In ogni caso si aspetterà – e lo ha fatto capire chiaramente Giorgetti – che si apra il ‘secondo tempo’ della crisi. Ovvero che scenda in campo il presidente della Repubblica, Mattarella. L’appuntamento è fissato per il 20 agosto alle 15, prima alle 14.30 si riunirà la conferenza dei capigruppo di palazzo Madama per decidere i tempi del del dibattito.

La Lega è convinta di poter contare su tutta Fi, anche se saranno possibili delle assenze tra i banchi azzurri. E con il sostegno di Fdi di decretare la fine del governo Conte. La battaglia sarà sulle risoluzioni. Poi, qualora si concretizzasse il tentativi di un esecutivo di fine legislatura tra Pd e M5s, il Carroccio è pronto a portare i propri militanti in piazza. “Scenderebbero con i forconi”, si azzarda a dire un dirigente. 

I dubbi di Giorgetti

Mentre Salvini punta a capitalizzare il consenso nei sondaggi, molti ‘ex lumbard’ ormai già prospettano la strada dell’opposizione. Con la possibilità di bloccare i lavori nelle commissioni, soprattutto quelle guidate dai leghisti, e di poter fare affidamento sugli amministratori del nord, sui sindaci, sui governatori, sulla spinta degli imprenditori.

Nel partito di via Bellerio affiorano pure altri interrogativi. Il primo lo ha fatto intendere il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giorgetti. Perché Salvini non ha staccato prima la spina? “Chiaro che sarebbe stato più facile andare al voto”, ha osservato il numero due della Lega. Nessuna critica ovviamente al segretario, visto che “sono le decisioni di un capo e un capo sempre decide lui da solo. Alla fine si tratta di responsabilità personali”.

Ma il timore è che l’obiettivo delle urne non venga raggiunto e che anche gli strumenti di pressione escogitati – come l’ok al taglio dei numeri dei parlamentari – non siano utili alla causa. “Così – sottolinea un senatore della Lega – rischiamo di inseguire i grillini nella loro propaganda”. Perplessità sulla mossa legata alle riforme sembrano arrivare pure da Giorgetti: “Non sono un costituzionalista – ha osservato -. Noi siamo disposti a votare anche per la quarta volta, come abbiamo già fatto per tre volte questa riforma, ma poi sulla eventualità di poter andare alle elezioni l’interpretazione non tocca farla a noi”.

La preoccupazione tra gli ‘ex lumbard’ è che sia troppo tardi, che quel ‘partito del non voto’ ormai si sia formato già in Parlamento. Manovre in corso. Tra accuse e veleni. “Da Salvini solo una mossa della disperazione”, l’affondo di Di Maio. Mentre la Lega punta il dito contro Fico, “non si capisce perché abbia calendarizzato la riforma solo dopo le comunicazioni di Conte”. In ogni caso questa partita la decideranno soprattutto i singoli parlamentari e – osservano nella Lega – “sono proprio pochi quelli che vogliono andare a casa”. “E poi – azzarda un deputato – la Casaleggio si regge in piedi con gli stipendi dei parlamentari dei pentastellati”.

Rinasce il bipolarismo

Insomma, al di là di qualche dichiarazione sporadica, in M5s e Lega, non c’è alcuna intenzione in entrambi i fronti di riaprire un dialogo. Nel Carroccio, invece, si osserva la nascita di un nuovo ‘bipolarismo’. Da una parte il centrodestra, dall’altro la sinistra. Con il Movimento 5 stelle che – questo il ‘refrain’ – rischia di entrare “nel sistema politico” e di perdere completamente la sua forza popolare.

Da qui la convinzione di molti ‘big’ che la strada dell’opposizione possa poi portare solo a dei vantaggi. O si vince o comunque non si perde. Anzi: “È chiaro che l’operazione che M5s e Lega stanno portando avanti è puro trasformismo. A noi farà bene…”, sostiene un altro deputato ‘ex lumbard’.

“La via maestra, democratica, trasparente, lineare, è quella delle elezioni. No a governi strani. le elezioni a ottobre o novembre non c’è in ballo nessun aumento dell’Iva”, ripete il ministro dell’Interno, “noi non abbiamo paura di metterci in gioco, di mollare la poltrona, vediamo se il partito della poltrona si riorganizzera’, non staremo fermi”. Tuttavia la consapevolezza e’ che la strada delle urne diventa ogni giorno che passa sempre più stretta. 

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