Stile di vita

Quelle ascelle irsute (da copertina) che dividono la rete

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Fonte: Instagram

Copertina Rolling Stone, Halsey

La prima, con il suo “n’ascella sì, n’ascella no” è stata Manuela Arcuri. In una scena cult di Viaggi di nozze, il film verdoniano del “famolo strano”, quando in auto con il suo  fidanzato e la coppia formata da Carlo Verdone e Claudia Gerini i quattro, annoiati dalla vita, si interrogano su cosa inventarsi di nuovo “per risulta’, pe’ esse’ veramente strani”, Arcuri tira su le braccia per mostrare la sua grande invenzione modaiola: un’ascella depilata e l’altra no, appunto.  

A 24 anni di distanza da quel film la questione ascellare femminile, intrisa di moda, femminismo e libero arbitrio si riaffaccia prepotentemente, rischiando di diventare uno dei temi caldi di quest’estate 2019 insieme alla procedura d’infrazione dell’Unione europea contro l’Italia. È bastata l’anteprima della copertina di luglio di Rolling Stone con la fascinosa pop star Halsey in canotta bianca aderente, braccia incrociate dietro il collo e ascelle con un’evidente ricrescita pilifera fieramente in vista, ad aprire l’inevitabile dibattito sui social.

Da una parte gli adoratori, capeggiati da colleghi come Benny Blanco e Demi Lovato (“Questa foto ha così tanti “sì” che non saprei nemmeno da dove cominciare”) dall’altra quelli che della cosiddetta “body positivity” se ne infischiano e hanno scritto carinerie come “visto che sei milionaria un po’ di ceretta te la potevi anche fare”. Il fatto è che, anche se agli uomini piacciono poco, i peli femminili esistono da sempre, più o meno prepotenti. E ora, in nome dell’autostima, del woman power, della moda e della liberazione da un modello sociale e da una schiavitù estetica anche parecchio dispendiosa, hanno cominciato ad infrangere il tabù, invadendo copertine e social, come ha appena raccontato anche un’inchiesta del Guardian dal titolo “La nuova rivoluzione femminista delle ascelle pelose: metà affermazione, metà ornamento”. 

La penetrazione nei social è cominciata con Laura Jackson, una studentessa della Exeter University, che ha cominciato a farsi crescere i peli a maggio del 2018, per una performance legata alla sua laurea in teatro, scoprendosi in fretta liberata. Da qui la campagna “Januhairy” che incoraggiava le donne a farsi crescere i peli per il mese di gennaio. Motivo? “Accettare che le donne hanno i peli sul corpo è ancora difficile”, ha scritto Jackson sulla pagina Facebook della campagna, “vengono mostrate sui media sempre con le gambe belle lisce e le ascelle curate. È come se la società vedesse i nostri peli come poco attraenti e di cattivo gusto”, ha spiegato chiarendo che la ricrescita selvaggia la faceva sentire più sicura di se stessa. Ha funzionato, visto che la pagina Instagram #janhuairy è stata gettonata ben oltre gennaio 2019 e oggi ha oltre cinquemila irsuti post (di ascelle, ma anche di coraggiosi polpacci che non vedono un’estetista da mesi), così come spopola quella di #hairyarmpit (ascelle pelose).

Nonostante commenti maschili poco entusiasti, come quelli di certi haters che sui social paragonano al peloso Chewbacca di “Guerre stellari” le nemiche di ceretta e rasoio, l’ascella in libertà si sta facendo apprezzare in campo femminile, dalle comuni mortali alle celebrities, come Lourdes Maria Ciccone, Bella Thorne, Miley Cyrus e Paris Jackson. Tutte fieramente noncuranti dei peli in mostra, a differenza di Julia Roberts che nel programma televisivo “Busy Tonight” ha recentemente ridimensionato il messaggio politico delle sue ascelle rigogliose mostrate alla première di “Notting Hill” nel lontano 1999, mentre salutava il pubblico. Non era stata una pioniera: “È stato un passo falso. Probabilmente non avevo calcolato né la lunghezza della manica né quanto ampi fossero i miei saluti. Non era né un messaggio femminista né tanto meno un gesto dietro il quale si nascondeva un preciso significato”. 

Un atto di libertà anche quello in fondo, se non fosse stato archiviato come “passo falso”. Perché la nuova ondata pilifera rientra più in una libertà di scelta che in un discorso del tutto femminista, quello che negli anni Settanta aveva diviso il movimento, da una parte quelle che rivendicavano il messaggio politico  dell’ostentazione del polpaccio da calciatore, dall’altra quelle che consideravano la battaglia secondaria e pure un po’ dannosa rispetto a quella più decisiva  sul ruolo e sui diritti della donna nella società.

Oggi, è vero, c’è chi vede l’imperativo categorico della depilazione perfetta come un tentativo neanche tanto nascosto di negare la donna adulta e pensante a favore di quella che somiglia a una docile ragazzina in età prepuberale, tant’è i peli femminili non vengono mai mostrati in pubblicità, eccezion fatta  il marchio americano di rasoi femminili “Billie” che ha lanciato una campagna in cui invita le donne a postare le loro foto prerasatura e denunciato la cosiddetta “pink tax” cioè il fatto che i prodotti per l’estetica femminile costino di più.

Ma c’è anche chi del dibattito se ne frega, e affronta con un approccio modaiolo la battaglia per la liberazione pilifera: le donne che scelgono di non depilarsi le ascelle, lontanissime dalla sciatteria, sui social ostentano sopracciglia pinzette, capelli parrucchierati e trucco perfetto. E c’è anche chi le ascelle se le tinge, magari con i colori dell’arcobaleno, con un “famolo strano” che sarebbe piaciuto a Verdone e Arcuri. Quando la hair stylist Caitlin Ford ha postato su Instagram una foto delle ascelle unicorno di una sua cliente, che se le era tinte per il Pride di St. Louis, in tante le sono  andate dietro, con un trend che spopola su Instagram, Twitter, Facebook e YouTube dove c’è anche un imperdibile tutorial su come dipingersi i peli delle ascelle.    

Adesso c’è da vedere se gli uomini si abitueranno a tanta rivoluzione estetico-sociale, sebbene a casa nostra, per quanto riguarda star e attricette varie, siamo fermi alla Arcuri cinematografica e alla Sophia Loren degli anni Cinquanta che sfoggiava ascelle incolte quando il diktat della depilazione non si era ancora affermato. Il solito Vittorio Feltri intanto si è già espresso, nel suo solito modo, spiegando di preferire “una fidanzata pulita come il palmo di una mano, ossia senza cespugli ascellari” e chiarendo invece  che “il pube privo di lanugine mi fa ribrezzo”. Ma questa è tutta un’altra storia, che si nutre di cerette alla brasiliana e alla francese. Intanto c’è da registrare l’uscita del rapper Emis Killa che si è appena agganciato al dibattito su “peli sì, peli no” addentrandosi nell’ambito olfattivo. “A una donna non dovrebbero mai puzzare le ascelle, neanche se fa la maratona di New York” ha scritto su Twitter, beccandosi una raffica di commenti sdegnati. Da uomini e da donne, che l’hanno obbligato a rimangiarsi l’affermazione: “Non dovrebbero puzzare neanche gli uomini” ha concesso, bontà sua, il rapper. 

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