Cronaca

Quando il reddito di cittadinanza va ai criminali

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Dal caso dell’ex brigatista rossa a quello del contrabbandiere di sigarette, passando per la cantante neomelodica, nipote di un uomo in odore di mafia, agli autori di una truffa alle assicurazioni col sistema ‘spaccaossa’. Sono sempre più frequenti gli episodi di cronaca giudiziaria accostati all’applicazione del Reddito di cittadinanza, che mettono in cattiva luce la misura anti-povertà. Tutti episodi simili, dove il sostegno economico alle persone in difficoltà finisce per passare come un regalo a chi lavora in nero o non ha la fedina penale pulita.

A parte il clamore mediatico suscitato dalla posizione di Federica Saraceni, l’ex br che ai domiciliari sta scontando una condanna a 21 anni e mezzo per l’omicidio del giuslavorista Massimo D’Antona e che (nel rispetto della normativa vigente) sta percependo il Reddito di cittadinanza, è di questi giorni la storia di un trapanese, ufficialmente disoccupato e senza entrate, arrestato assieme ad altre persone per contrabbando di sigarette destinate a rifornire i mercati siciliani e, in particolare, la piazza di Palermo: la Guardia di Finanza ha scoperto che l’uomo da giugno portava a casa 1.000 euro mensili grazie al beneficio di legge, che è stato immediatamente sospeso.

Stesso destino è capitato a due contrabbandieri finiti nei guai il 13 novembre scorso in un’indagine della Dda di Salerno. Hanno percepito il Reddito di cittadinanza anche cinque dei nove fermati il 19 novembre scorso dalla Squadra Mobile di Palermo, nell’ambito dell’operazione antimafia che ha fatto luce su un sistema di truffe alle assicurazioni attraverso il meccanismo degli ‘spaccaossa’, vale a dire il “sacrificio” di vittime, scelte in contesti sociali degradati, disposte a subire fratture gravissime pur di far guadagnare le organizzazioni criminali. 

A Rimini, invece, le Fiamme Gialle hanno scoperto che a percepire indebitamente somme erogate dall’Inps era un uomo di 70 anni che ha dichiarato solo una pensione sociale, ‘dimenticandosi’ di essere anche proprietario un albergo – pur non attivo – che valeva oltre 800 mila euro. A Catania la questura ha dovuto indagare su una giovane cantante neomelodica, il cui zio è stato latitante per 18 anni, che aveva investito i primi soldi guadagnati grazie al Reddito di cittadinanza per incidere alcuni brani. Già denunciata per truffa allo Stato per mancanza di requisiti, la donna non si era persa d’animo e aveva reiterato la domanda, a suo dire perfettamente legittima.

Nel Cosentino, invece, nel mirino dei carabinieri della stazione forestale di Montalto Uffugo è finito un operaio di 33 anni che beneficiava dell’aiuto statale ma risultava in servizio, ovviamente in nero, presso una ditta boschiva.

È oggettivo, dunque: non tutto sta andando per il verso giusto nel sistema di valutazione dei requisiti e di assegnazione del reddito. Ha dichiarato pochi giorni fa Gerardo Iorio, generale dei carabinieri del Comando Tutela Lavoro, in occasione della presentazione dei risultati delle attività svolte in ambito nazionale contro ‘furbetti’ e irregolari: “Nel corso dei controlli fatti dal primo maggio a ottobre abbiamo scoperto 84 persone che lavoravano in nero ma contestualmente percepivano il Reddito di cittadinanza”. 

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