Cronaca

Perché durante il lockdown abbiamo dormito male

La ridotta attività fisica e la scarsa esposizione alla luce solare, l’assenza di attività sociali, le paure per il contagio e per la situazione economica, il cambiamento di vita familiare hanno portato a un peggioramento della qualità del sonno, un netto cambiamento nei ritmi sonno-veglia, un incremento nell’uso dei media digitali e a una distorta percezione del tempo che scorre.

È il risultato di uno studio condotto del team dell’Università di Padova e pubblicato sul “Journal of Sleep Research” da cui emergono alti livelli di depressione, ansia e stress durante il lockdown.

Registrati anche cambiamenti nel ritmo sonno-veglia e difficoltà nel tenere traccia del tempo. Nicola Cellini del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova (in collaborazione con Giovanna Mioni dello stesso Dipartimento, Natale Canale del Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Ateneo patavino e Sebastiano Costa del Dipartimento di Psicologia dell’Universita’ della Campania) ha analizzato la qualità del sonno in un campione di 1310 persone tra i 18 e 35 ponendo a confronto la settimana 17-23 marzo (la seconda di lockdown completo) e la prima di febbraio (dall’1 al 7, cioè sette giorni in cui non vi era alcun tipo di restrizione sul territorio italiano).

Dallo studio sono emersi dati allarmanti sulla salute mentale: il 24.2% (24.95% dei lavoratori, 23.73% degli studenti) del campione ha mostrato sintomi da moderati a estremamente gravi di depressione, il 32.6% di ansia e uno su due (49.47% dei lavoratori, 51.6% degli studenti) sintomi di stress. La qualità del sonno è notevolmente peggiorata: in particolare in persone con elevati sintomi di depressione, ansia e stress quelle con problemi del sonno è aumentata dal 40.5% al 52%. 

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