Cronaca

Non si dice Revenge Porn

Revenge porn Crusca pornovendetta

Non ‘revenge porn’ ma ‘pornovendetta‘ (una parola sola). L’Accademia della Crusca ‘bacchetta’ i media che hanno commentato l’emendamento che introduce l’art. 612-ter c.p., ‘Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti’, usando “forestierismi opachi, senz’altro meno chiari della normativa ufficiale: anche nella discussione parlamentare in aula molti degli oratori e delle oratrici, per illustrare l’opportunità della norma, hanno fatto sfoggio dei termini sexting, revenge porn, slut shaming”.

In un comunicato, il gruppo ‘Incipit’, attivo pressa l’Accademia della Crusca di Firenze e nato con lo scopo di monitorare i neologismi e forestierismi incipienti, nella fase in cui si affacciano alla lingua italiana e prima che prendano piede, sottolinea che “per fortuna la stesura materiale dell’emendamento non si avvale di questi forestierismi, ma la stampa e i media, creando non poca confusione, presentano talora l’esito legislativo come la norma sul revenge porn, anche se l’espressione, come abbiamo detto, non ricorre affatto nella legge”.

“Spesso revenge porn viene affiancato all’equivalente italiano, che esiste, ed e’ “pornovendetta” – scrivono gli accademici – e ha già largo corso sui giornali e nella Rete, e noi suggeriamo di adottare la forma univerbata, più specifica rispetto alla grafia “porno vendetta”. Il gruppo ‘Incipit’ presso l’Accademia della Crusca appoggia questa naturale soluzione – si legge ancora – adottata spontaneamente da molti operatori della comunicazione”.

Il gruppo ‘Incipit‘ – costituito da Michele Cortelazzo, Paolo D’Achille, Valeria Della Valle, Jean-Luc Egger, Claudio Giovanardi, Claudio Marazzini, Alessio Petralli, Luca Serianni, Annamaria Testa – si è formato dopo la petizione delle 70 mila firme raccolte da #Dilloinitaliano e dopo il convegno fiorentino del 23-24 febbraio 2015 su ‘La lingua italiana e le lingue romanze di fronte agli anglicismi’. 

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