Cronaca

Nel processo Stato-mafia, Berlusconi si rifiuta di rispondere

Stato-mafia Berlusconi

 Afp

 Silvio Berlusconi

Sortita lampo di Silvio Berlusconi stamane al processo d’appello Stato-mafia nell’aula bunker dell’Ucciardone. L’ex premier, nella qualità di testimone assistito – presenti i legali Nicolò Ghedini e Franco Coppi – ha preso la parola brevemente: “Su indicazione dei miei avvocati intendo avvalermi della facoltà di non rispondere“. Prima aveva fatto sapere alla Corte che non intendeva essere ripreso in nessuna circostanza. Poche parole, per poi allontanarsi e lasciare Palermo.

Il leader di FI era stato citato dalla difesa di Marcello Dell’Utri, condannato in primo grado a 12 anni, richiesta alla quale si era associata l’accusa. Il dubbio era sulla veste che doveva assumere Berlusconi. Mentre le difese si erano rimesse alla decisione dei giudici, la procura generale aveva fatto riferimento alla circostanza che il leader di FI è indagato a Firenze per le stragi del 1993: “Si prende atto che, dalla comunicazione ricevuta dalla procura di Firenze, si tratta di reati per i fatti di strage del 1993 a Roma, Firenze, Milano e a Fornello del 1994. Tenuto conto di cio’ ritiene che Berlusconi debba essere sentito come indagato di reato connesso”.

Il 3 ottobre la decisione della Corte di assise, presieduta da Angelo Pellino: l’ex premier sarebbe stato sentito come testimone assistito. L’inchiesta su Berlusconi e sullo stesso Dell’Utri fu riaperta (i due erano già stati indagati e archiviati) a seguito delle intercettazioni in carcere dei colloqui del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, che tirava in ballo il leader di Forza Italia come complice e mandante occulto degli eccidi in Continente.

Tesi sempre respinta. “Oggi c’è stata la sentenza di Palermo. Io dico che è assurdo e ridicolo il tentativo di accostare il mio nome alla vicenda della trattativa Stato-mafia“: così, il 20 aprile 2018, si esprimeva Silvio Berlusconi nell’intervista che i legali di Marcello Dell’Utri avrebbero voluto fargli riascoltare prima che l’ex presidente del Consiglio decidesse di non rispondere.

La richiesta non era stata accolta dal collegio. “Vorrei ricordare che, intanto, non abbiamo ricevuto nel 1994 né successivamente nessuna minaccia dalla mafia o da suoi rappresentanti”, proseguiva Berlusconi nell’intervista che e’ agli atti del processo dal 22 luglio scorso. “I miei governi – rivendicava – hanno sempre operato nella direzione di un contrasto fortissimo nei confronti della mafia: abbiamo incrementato la pena del 41 bis rendendola piu’ dura, l’abbiamo anche spostata fino alla fine della detenzione”, sottolineando anche l’approvazione del codice antimafia e la cattura di 32 dei più pericolosi latitanti. 
 

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