AGI – La Galleria Borghese torna ad aprire le sue porte all’arte contemporanea: dal 21 giugno, le meravigliose sculture dell’antica Roma e del barocco della collezione permanente potranno dialogare con una ventina di marmi, installazioni e opere in stoffa di Louise Bourgeois, fra le quali, nel giardino della Meridiana, uno dei suoi famosi “ragni”. E’ la prima mostra della scultrice franco-americana a Roma, oltre ad essere la prima volta che la Galleria Borghese ospita un’autrice donna contemporanea, anche se secondo la ideatrice Cloé Perrone, “Bourgeois non è solo contemporanea, ha dentro di sé tutta l’arte del ‘900”. Nata nel 1911 a Parigi e morta nel 2010 a New York, è una delle artiste più influenti del secolo scorso.
Nota soprattutto per le sue sculture, viaggiò molto per tutta la sua vita, ma in Italia arrivò per la prima volta nel 1967: trascorse tre mesi a Pietrasanta, vicina alle cave di marmo di Carrara ripercorrendo le tracce dei più grandi fra i suoi predecessori: fra tutti, Michelangelo Buonarroti e Gian Lorenzo Bernini. Alcune delle opere esposte alla Galleria Borghese, che l’artista visitò con grande entusiasmo come il Palazzo Barberini e i musei vaticani in quel periodo, sono state realizzate proprio durante quel fecondo soggiorno italiano. Louise Bourgeois L’inconscio della memoria sarà aperta dal 21 giugno al 15 settembre; e per vedere le opere esposte al piano superiore, nella pinacoteca attualmente chiusa per lavori, si passerà in anteprima in due delle sale già restaurate. Anche se l’allestimento è provvisorio, se ne possono apprezzare i nuovi colori in un contesto meno affollato di opere rispetto al solito. Come ha detto Geraldine Leardi, che con Perrone e Philip Larratt Smith ha curato l’esposizione, “il vuoto in un museo è importante come la pausa in una sinfonia”.
Le opere dell’artista novecentesca compensano quello che alla Galleria Borghese è “il secolo mancante”: è per questo, ha spiegato Leardi, che “da tanti anni ospitiamo gli scultori del ‘900. Prima Giacometti, poi Picasso e lo stilista tunisino Azzedine Alaia.” Bourgeois “è la prima donna scultrice contemporanea a mettere piede in questo luogo, che vive potentemente di scultura. Anche se lei prediligeva il marmo rosa portoghese, c’è una relazione diretta con i materiali di Bernini e dei marmi antichi”. Di suggerimenti di relazioni fra le opere è ricco l’allestimento pensato dai curatori, ma ogni visitatore ha la possibilità di interpretarle in modo soggettivo. La Paolina Borghese di Canova è come sempre osservata con la condiscendenza che le spetta per i 15 secoli di storia che le separano da Leda, del famosissimo gruppo scultoreo romano che la ritrae con il suo cigno.
Altri due secoli sono passati perché Bourgeois scolpisse nel marmo rosa le “gambe allacciate” del suo assistente e amico Jerry Gorovoy, ora esposte in quella stessa sala. In quella di Apollo e Daphne, è esposta un’interpretazione di Bourgeois sul tema della metamorfosi: Topiary, che raffigura l’effimero momento del passaggio da fanciulla a donna. Non mancano esempi delle grandi installazioni, le gabbie che la scultrice realizzò negli ultimi anni della sua vita come Passage dangereux, per “ingabbiare gli oggetti della sua memoria”, spiega Perrone.
Nella sala dedicata ai busti degli imperatori romani sono esposte le sue teste “umanoidi”, patchwork di vari ritagli di stoffe e arazzi: l’effetto è quello di un contrasto stridente con il porfido e l’alabastro dei Cesari, una sorta di “corto circuito” per dirla con Leardi. Nell’uccelliera del giardino sono appese le opere Spiral Woman e tre versioni del Janus, una serie che come il dio bifronte affrontano il tema della dualità, un tema molto amato da Bourgeois che ha sempre avuto ben chiara la questione femminile e pur non riconoscendosi nella definizione di femminista è stata adottata dal movimento. “Ha vissuto quasi un secolo e per tutta la vita ha lavorato per ripulirsi dai traumi dell’infanzia”, ha chiosato la curatrice.
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