Cronaca

La storica sentenza della Corte Costituzionale sull’aiuto al suicidio 

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Una decisione ‘storica’: la Corte Costituzionale, dopo ore ed ore di camera di consiglio, ha sancito che l’aiuto al suicidio – contemplato dall’articolo 580 del codice penale che prevede pene tra i 5 e i 12 anni di carcere – può non essere punibile a “determinate condizioni”, quali quelle in cui si trovava Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo, che, irreversibilmente cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale, aveva deciso di andare a morire in Svizzera, come poi è accaduto il 27 febbraio 2017, in una clinica nei pressi di Zurigo dove l’esponente radicale Marco Cappato aveva acconsentito ad accompagnarlo.

La Corte Costituzionale – che depositerà la sua sentenza nelle prossime settimane – con la sua decisione, presa in attesa di un “indispensabile intervento del legislatore”, ha ritenuto “non punibile” chi “agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.

E per “evitare rischi di abuso” nei confronti delle “persone specialmente vulnerabili”, i ‘giudici delle leggi’ fissano ‘paletti’, ossia “condizioni e modalità procedimentali” desunte da leggi già in vigore: la “non punibilità” dell’aiuto al suicidio, dunque, viene “subordinata” al “rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua”, di cui parlano gli articoli 1 e 2 della legge 219/2017 in materia di consenso informato e Dat, nonché alla “verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Ssn, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente”.

“Da oggi siamo tutti più liberi, anche chi non è d’accordo. Aiutare Dj Fabo per me era un dovere. La Consulta finalmente ha stabilito fosse un suo diritto. è una vittoria della disobbedienza civile, mentre i partiti giravano la testa dall’altra parte”, ha commentato Cappato: dopo il deposito delle motivazioni della sentenza, gli atti del processo che lo vede imputato per il suicidio assistito di Dj Fabo saranno trasmessi di nuovo alla Corte d’assise di Milano, che, nel febbraio 2018, aveva sospeso il procedimento sollevando la questione di legittimità davanti alla Consulta. “Sono molto felice, la ritengo una vera vittoria”, afferma Valeria Imbrogno, la compagna di Dj Fabo, “è per me una soddisfazione che dà significato a tutta la sofferenza di Fabiano”.

“Contenta” per la decisione della Corte è anche il procuratore aggiunto di Milano Tiziana Siciliano, titolare del processo Cappato/Dj Fabo, la quale non nasconde invece “c’è un pò di dispiacere per il fatto che il Parlamento non abbia trovato il tempo o la volontà di affrontare un tema per il quale la sede naturale, giusta e auspicata è quella parlamentare”.

E dal mondo politico sono giunte subito dichiarazioni per un impegno a fare una legge in materia: “Ora si riparta in Parlamento. Dopo la pronuncia della Consulta, e con la nuova maggioranza politica, spero davvero che troveremo la serenità per fare una legge equilibrata, rispettosa di tutti gli orientamenti culturali e che tenda una mano a chi si trovi nella drammatica condizione di decidere della propria vita”, dichiara la presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, Francesca Businarolo (M5s). “Dalla Corte si leva una parola chiara in favore della libertà di scegliere e della protezione della dignità personale – afferma Monica Cirinnà, senatrice Pd – adesso è il momento di agire, leggeremo con attenzione la sentenza e lavoreremo per dare risposta alla domanda di riconoscimento che proviene dal corpo dei malati”.

Sui temi del fine vita, “si tratti di suicidio assistito o di eutanasia – osserva poi Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia – spetta al Parlamento trovare una soluzione equilibrata, ed è dovere preciso delle forze politiche, anche alla luce della pronuncia di stasera, considerare la questione come assolutamente prioritaria”.

Netto il giudizio del leader della Lega, Matteo Salvini: “Sono contrario al suicidio di Stato imposto per legge. Parliamo con le famiglie, con i medici, però la vita è sacra, da questo principio non tornerò mai indietro”. Per il professor Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita (Cei) e prorettore dell’Università Europea di Roma, infine, la Corte costituzionale “cede ad una visione utilitaristica della vita umana ribaltando la lettura dell’articolo 2 della nostra Carta che mette al centro la persona umana e non la sua mera volontà, richiedendo a tutti i consociati doveri inderogabili di solidarietà: da oggi non sarà più un dovere sociale impedire sempre e ovunque l’uccisione di un essere umano”. 

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