Stile di vita

La rivoluzione dei tappeti persiani

AGI – Per far fronte alla concorrenza di India, Cina e Turchia, i produttori di tappeti iraniani, fiore all’occhiello di un artigianato millenario, sono protagonisti di una piccola grande rivoluzione: creare modelli più moderni, dai colori chiari, dalle dimensioni più piccole e soprattutto a prezzi più democratici in risposta alla domanda delle giovani generazioni. Dopo due anni di fermo a causa della pandemia, Teheran torna ad ospitare la 29ma edizione della Fiera annuale del tappeto con circa 400 espositori arrivati da Paesi diretti competitors dei blasonati persiani di Shiraz, Tabriz, Qom o Esfahan. 

“I nostri tappeti tradizionali hanno ancora una clientela ma il futuro appartiene ai tappeti moderni fatti a mano” ha dichiarato ai media il 65enne Ahad Azimzadeh, presentatosi come “il più grande esportatore al mondo”e convinto dell’ineluttabilità del cambiamento del settore.

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© Fatemeh Bahrami / ANADOLU AGENCY / Anadolu Agency via AFP

 

La fiera del tappeto persiano di Teheran

Sempre meno richiesti i motivi floreali, la seta, i modelli di grandissime dimensioni, dai costi proibitivi che possono anche raggiungere i 120 milioni di euro, come per un Tabriz da 2 mila metri quadrati. Ora i fabbricanti iraniani prediligono le forme geometriche, le stampe di personalità di fama mondiale quali Einstein, Stalin o Charlie Chaplin, mantenendo tuttavia la tradizione ancestrale del tappeto fatto rigorosamente a mano, con una lavorazione fino a 5 anni. Alla fine per una creazione di 3 metri quadri riescono ad abbattere il costo di vendita a 90 mila euro.

Il tappeto persiano più antico è datato 2.400 anni fa ed è esposto in Russia, al Museo dell’Ermitage, ma l’epoca d’oro di queste vere e proprie opere d’arte risale ai Safavidi, la dinastia iraniana sciita che regnò in Persia dal XVI al XVIII secolo. I tappeti iraniani sono tuttora molto apprezzati dagli intenditori, ma le vendite sono crollate negli ultimi 30 anni e il Paese è stato superato soprattutto da India e Cina.

Come riferito da Ahmad Karimi Esfahani, capo dell’Unione dei produttori ed esportatori di tappeti fatti a mano, nel 1994 l’importo delle vendite di tappeti iraniani all’estero è stato di 1,7 miliardi di dollari, circa il 40% delle esportazioni non petrolifere, mentre nel 2021-2022 non ha superato i 64 milioni di dollari. “Le sanzioni hanno sicuramente avuto un impatto, ma il calo è dovuto principalmente alla grande diversità dei tappeti sul mercato e al cambiamento di mentalità e gusti delle nuove generazioni” ha spiegato Karimi. In altri termini, oggi il tappeto viene considerato come un bene di consumo e non più come un oggetto d’arte, un investimento per il futuro.

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© Agf

Un mercante di tappeti persiani

A Teheran c’è chi è convinto che sia davvero giunta l’ora della rivoluzione dei tappeti persiani, unica risposta alla concorrenza di Cina, India, Pakistan e Turchia sul mercato mondiale oltre a dover recuperare il ritardo accumulato in termini di relazioni internazionali per adattarsi ai cambiamenti degli ultimi decenni.

C’è chi invece oppone resistenza, come Mehdi Jamshidi, responsabile delle vendite di Iran Carpet Company, il cui slogan è “Walk in a Persian Garden!”: secondo lui la moda per i tappeti moderni è destinata a tramontare, motivo per cui alla fine non potranno mai sostituire quelli tradizionali che affondano le proprie radici nella cultura locale millenaria e nella diversità regionale

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