Cronaca

In arrivo la tassa su colf e badanti. Ma quanto vale il lavoro domestico in Italia? 

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Alberto Ramella Sync / AGF 

 Una badante con la sua assistita

Presto chi assume colf o badanti potrebbe dover pagare una tassa. E’ l’ipotesi che circola nelle ultime che fa riferimento all’iniziativa fiscale inserita nella manovra e anticipata dalla “Nota di aggiornamento” che precede la Legge di bilancio. Ma cosa significa? I datori di lavoro domestico, cioè coloro che assumono colf e badanti (ma anche giardinieri, governanti, babysitter…) per esigenze personali e familiari, ad oggi non sono sostituti d’imposta, al contrario di quanto avviene per la generalità dei datori di lavoro. In altre parole, spiega il sito La Legge per tutti, chi assume una colf o una badante non è obbligato a trattenere le imposte a carico della collaboratrice in busta paga, ma è quest’ultima a dover pagare le imposte eventualmente dovute con la dichiarazione dei redditi (cioè alla presentazione del modello 730 o redditi).

In base a quanto emerso dalla Nadef (la nota di aggiornamento al Def, il Documento di economia e finanza), tuttavia, presto questa situazione potrebbe cambiare: una nuova legge potrebbe infatti disporre a breve che anche i datori di lavoro domestico diventino sostituti d’imposta, quindi siano obbligati a trattenere le tasse dovute dai collaboratori domestici ed a riversarle allo Stato.

Arriva la tassa su colf e badanti, dunque? In realtà – continua ancora il sito – per i datori di lavoro domestico non si tratterebbe di una tassa in più, in quanto le imposte sarebbero riversate allo Stato a seguito della corrispondente trattenuta nella busta paga della colf, o della badante. Tuttavia, il dover elaborare una busta paga comprensiva anche del calcolo delle imposte dovute, e il dover elaborare un modello F24 mensilmente, effettuandone il pagamento con la stessa periodicità mensile, costituirebbe senz’altro un aggravio per i datori di lavoro privati e per le famiglie in genere.

L’iniziativa non ha incontrato il favore del sindacato dei lavoratori domestici che sostiene che per fare emergere dal sommerso, anche dal punto di vista fiscale, i lavoratori domestici non si può dare “un ulteriore aggravio alle famiglie, burocratico e amministrativo”, come quello di trasformare questi datori di lavoro “in sostituti di imposta”. Il primo costo – riporta il Corriere della Serac – sarebbe quello necessario “per rivolgersi a un professionista che dia una mano a gestire” questa nuova contabilità.

Infatti per calcolare i contributi da trattenere bisognerebbe valutare prima l’aliquota (fino a 15mila euro è il 23%, poi il 27%), poi le detrazioni da lavoro (se determinato o indeterminato) e familiari (se il lavoratore ha coniuge o figli a carico), e poi le addizionali regionali e comunali in base alla Regione e al Comune di appartenenza. Non proprio un’operazione semplicissima.

Plauso invece dall’osservatorio sul lavoro domestico DOMINA:  “Finalmente il Governo italiano ha deciso di affrontare la questione del lavoro irregolare nel settore domestico”, ha commentato il Segretario Generale dell’osservatorio Lorenzo Gasparrini “Siamo a favore di politiche che aiutino a far emergere l’evasione fiscale e previdenziale nel nostro settore”.

Secondo l’osservatorio, grazie alle famiglie datori di lavoro domestico lo Stato risparmia già 9,7 miliardi di euro, contribuendo alla crescita economica con un importo pari a 18,8 mld di euro l’anno. Il settore contribuisce al PIL italiano per 1,2% e il valore potrebbe crescere se si avviano misure di fiscalità agevolata a favore delle famiglie datori di lavoro domestico, facendo emergere il lavoro irregolare stimato in oltre un milione di lavoratori, pari al 60% del mondo del lavoro domestico. Continua Gasparrini: “L’INPS deve trasmettere la dichiarazione di assunzione del lavoratore domestico anche all’Agenzia delle Entrate con i dati economici, come già opera per gli altri Enti, per permettergli di poter elaborare una dichiarazione dei redditi precompilata del lavoratore”.

La lotta all’evasione fiscale passa prima dall’adozione di politiche volte a far emergere l’irregolarità: “A conferma del fenomeno dell’irregolarità abbiamo i dati INPS che nel 2018 ha rilevato un calo di 11.807 unità. La diminuzione del numero totale dei lavoratori domestici non sembra corrispondere a quanto monitoriamo sul territorio, infatti, la richiesta di lavoratori domestici e di informazioni per le assunzioni è molto alta. Segnale che l’irregolarità aumenta, complice anche il picco di pressione fiscale italiano (38%, il più alto dal 2015)”, afferma Lorenzo Gasparrini.

Tutti i numeri del lavoro domestico

Qual è il valore economico del lavoro domestico? Gli oltre 2 milioni di lavoratori producono dunque 18,8 miliardi di valore aggiunto (PIL del lavoro domestico) di cui 7,5 miliardi sono da imputare ai regolari, mentre i restanti 11,3 agli irregolari.

Quante sono le badanti? Un esercito di 900 mila, la metà delle quali non in regola. Contando anche gli irregolari (stime DOMINA/FLM su dati Istat), si registrano in Italia oltre 900 mila badanti e più di 1 milione di colf, per un totale di circa 2 milioni di lavoratori domestici. Di questi, solo il 41% è regolarmente censito dall’INPS. Si tratta di una componente che, complessivamente, produce circa l’1,2% del PIL (18,8 miliardi di euro di Valore Aggiunto).

Quanto risparmia lo Stato? Contando solo le badanti, le famiglie spendono annualmente 7,0 miliardi di euro (retribuzioni, TFR, contributi). Senza questo apporto, lo Stato dovrebbe sostenere costi più elevati per il ricovero degli anziani in struttura. Si stima un risparmio per lo Stato pari a euro 9,7 mld, lo 0,6 del PIL.

Chi può permettersi la badante? Contando solo il reddito da pensione dell’assistito, solo l’8,1% dei pensionati può permettersi la badante (livello CS). Più accessibile invece un’assistenza part time per poche ore: il 50% dei pensionati può permettersi una badante per 5 ore settimanali, e il 20% può permettersi 25 ore. Anche considerato il reddito del coniuge, il risparmio medio per una persona di oltre 65 anni è di appena 3.817 euro annui se sola e 5.235 euro annui se coppia senza figli.

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