Cultura

Il caso del ritratto di Prince di Andy Warhol davanti alla Corte suprema

AGI – La Corte suprema Usa è alle prese con un insolito caso giudiziario, decisamente pop. Al centro della controversia c’è la serie di 16 ritratti serigrafati del leggendario cantante Prince, realizzata nel 1984 dal re della Pop Art, Andy Warhol.

A distanza di 38 anni è la fotografa Lynn Goldsmith, autrice dello scatto a Prince risalente al 1981, a chiedere il pagamento dei diritti d’autore alla Fondazione Warhol, invocando la violazione del copyright. A riferirlo è il sito France Info, precisando che i nove saggi della Corte dovranno pronunciarsi in merito entro il 30 giugno 2023.

Nello specifico dovranno valutare se un’opera d’arte è da ritenere “trasformativa” quando veicola un messaggio diverso dalla fonte o per essere visivamente diversa.

Una sentenza che sarà molto attesa e carica di conseguenze sia per il mondo dell’arte che per la giurisprudenza, ancora divisi sulla risposta da dare in caso di contenzioso sul copyright d’autore.

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© harms / Afp 

Prince 

In questo caso, la questione centrale riguarda la possibilità per Warhol, iconico artista scomparso nel 1987, di utilizzare la foto di Prince scattata da Goldsmith senza doverle pagare i diritti d’autore. 

La fotografa, nota per aver immortalato alcune delle rock star più celebri al mondo, ne chiede il pagamento alla Fondazione Warhol che finora ha respinto la sua domanda. Il ritratto in bianco e nero di Prince, giovane cantante emergente dai lineamenti molto sottili, firmato Goldsmith nel 1981, è stato proposto al settimanale Newsweek.

Nel 1984 l’album ‘Purple Rain’ lo catapulta al rango di star internazionale. La rivista Vanity Fair chiede allora a Warhol di creare un suo ritratto, in linea con quelli di Marilyn Monroe e Mao, per la copertina dedicata a Prince.  In cambio di 400 dollari, Goldsmith autorizza la rivista ad utilizzare una delle sue fotografie ad uso esclusivo dell’articolo intitolato “Purple Fame”, accompagnato da un ritratto di Prince, pelle viola su sfondo arancione, firmato ovviamente Warhol.

Fin lì nessun problema. Ad accenderla la controversia è stata la decisione dell’artista di utilizzare la stessa fotografia per realizzare ulteriormente una serie di 16 ritratti del musicista, che ammirava per il talento e lo stilo androgino, tutti con tonalità diverse. La celebre fotografa ne ha scoperto l’esistenza solo nel 2016, alla morte di Prince, quando Vanity Fair pubblica un’illustrazione del ‘Kid di Minneapolis’ che riprende lo stesso scatto, questa volta tutta arancione.

Goldsmith si mette allora in contatto con la Fondazione Andy Warhol, che ne gestisce la collezione e che per quella pubblicazione aveva percepito 10.250 dollari.

La fondazione ha immediatamente intrapreso un’azione legale per far riconoscere i suoi diritti esclusivi sulla serie e la fotografa ha contrattaccato. In prima istanza un giudice si è pronunciato a favore della Fondazione, valutando che Andy Warhol aveva effettivamente trasformato il messaggio dell’opera. Per lui, Goldsmith ha mostrato Prince come una persona “vulnerabile, a disagio”, mentre i ritratti di Warhol hanno evidenziato il suo status di “icona, più grande della vita, senza tempo”.

Tuttavia una corte d’appello ha invalidato il suo ragionamento, ritenendo che i giudici non possono svolgere il ruolo di “critici d’arte e analizzare le intenzioni e i messaggi delle opere”, dovendosi accontentare di valutare le somiglianze visive tra le opere.

Secondo la sua decisione, visto che Warhol non ha fatto aggiunte o modifiche sostanziali, la fotografa andrebbe pagata. Contraria al pronunciamento, la Fondazione si è poi rivolta alla Corte suprema. Goldsmith spera che la massima giurisdizione Usa riconosca l’opera di Warhol come “non trasformativa, quindi illegale”, rivendicando quindi il pagamento del diritto di proprietà intellettuale anche per le nuove serigrafie, tra cui quella pubblicata nel 2016, alla morte di Prince.

Dopo una serie di decisioni contraddittorie da parte di diversi tribunali, la sentenza finale tocca ora alla Corte suprema, chiamata così a chiarire il diritto di proprietà intellettuale in materia di opere d’arte note come trasformative, ovvero quelle che modificano o trasformano una prima opera per realizzare una creazione originale.

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