Cronaca

Il 7% delle frasi rivolte alle donne su Twitter sono offensive

Il 7% delle frasi rivolte alle donne su Twitter sono offensive

 (Afp)

 Twitter, account verificati

Quanto è ampio il fenomeno delle molestie alle donne su Twitter? Amnesty International ha provato a rispondere con un nuovo studio. Ha analizzato, grazie all’intelligenza artificiale di Element AI, i tweet rivolti nel 2017 a 778 politiche e giornaliste britanniche e statunitensi.

Si tratta, secondo Amnesty, del più ampio studio mai compiuto sui social-abusi nei confronti delle donne. Risultato: il 7,1% è stato etichettato come “problematico” o apertamente “offensivo”. Forse la percentuale non rende fino in fondo l’idea: si tratta di un tweet su 14, in totale 1,1 milioni di cinguettii, pubblicati a un ritmo di uno ogni 30 secondi.

Tweet “problematici” e “offensivi”

Lo studio ha coinvolto membri del Parlamento britannico e del Congresso degli Stati Uniti e giornaliste di testate quali Daily Mail, New York Times, Guardian e Sun. Sono stati definiti “problematici” i tweet con “contenuti offensivi o ostili, specialmente se ripetuti in più occasioni, che però non potevano essere definiti chiaramente ‘abuso’”.

I post offensivi, invece, sono quelli che “violano le regole di Twitter, inclusi contenuti che promuovono violenze o minacce personali sulla base di razza, etnia, origine nazionale, orientamento sessuale, genere, identità di genere, religione, età, disabilità o malattia grave”.

Gli effetti degli attacchi

Una pioggia di insulti che condiziona la presenza social delle interessate, che tendono a limitare le interazione o abbandonare la piattaforma. Amnesty è dura nei confronti di Twitter: “In un momento decisivo, in cui le donne di tutto il mondo si stanno unendo per amplificare la loro voce attraverso i social media, l’incapacità di Twitter di applicare coerentemente e in modo trasparente i propri standard per combattere la violenza e gli abusi” spinge le utenti “verso una cultura del silenzio”.

Non è la prima volta che l’organizzazione attacca il social, definito – in un rapporto di inizio 2018 – un ambiente “tossico” per le donne. “Abbiamo scoperto inoltre – afferma il rapporto – che, sebbene l’abuso sia rivolto alle donne di tutto lo spettro politico, quelle di colore hanno maggiori probabilità di essere colpite”.

Le donne non bianche (nere, asiatiche, latine) hanno il 35% di probabilità di essere menzionate in tweet “offensivi o problematici”. Una tasso di rischio che sale all’84% per le donne nere. “Se Twitter non è capace di reprimere questo problema – scrive Amnesty – contribuisce a silenziare voci già emarginate”.

La risposta di Twitter

La piattaforma ha risposto con una dichiarazione, mantenendo la stessa linea tenuta dopo il report in cui era stata definita “tossica”: Twitter ha ribadito il suo impegno per evitare conversazione che inquinano il social network, non solo per la protezione degli utenti ma anche per la sopravvivenza della piattaforma stessa.

La società ha sottolineato l’uso di “una combinazione di machine learning e revisione umana per giudicare le segnalazioni di abusi” e “l’importanza del contesto” per arrivare a a una valutazione accurata. Twitter nota inoltre che servirebbe una definizione più precisa di “problematico”, per evitare che contorni troppo sfumati finiscano con il ledere “la libertà di espressione”.

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