Cronaca

Così Montanelli raccontava 50 anni fa le “miserie” di Venezia

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LEEMAGE

Indro Montanelli

“Lo abbiamo fatto per sottolineare le miserie, i segni di decadenza e di decomposizione di Venezia”. Il 12 novembre del 1969, sulla Rai, Indro Montanelli presentava così il documentario realizzato con il regista veneziano Giorgio Ponti per mostrare “la tragedia galoppante di morte” che incombeva sulla città lagunare.

La denuncia del giornalista era partita un anno prima, nel 1968, con quattro articoli usciti sul Corriere della Sera di cui era firma autorevole. Montanelli mise in fila tutte le minacce che incombevano cinquant’anni fa su Venezia, dal polo industriale di Marghera, definita “focolaio d’infezione” e “origine del male”, alle “acque alte” che invadevano puntualmente negozi e abitazioni, costrette a “sopraelevare tutto, compresi i letti”.

Ma il giornalista denunciò anche il silenzio delle autorità cittadine, ree di ignorare i segnali evidenti di questo decadimento in atto. “Oggi i dogi non ci sono più, e nessuno pretende che si richiami in servizio la forca. Ma di uomini che si assumano decisive responsabilità, c’è bisogno come allora e più di allora. Speriamo che i dirigenti romani trovino, fra un congresso di partito e una battaglia di corrente, il tempo di pensarci”.

All’interno del documentario furono mandate anche le immagini dell’acqua alta straordinaria del 1966, oggi rievocata più volte per la contiguità dell’altezza e, a quanto si può prevedere ora, dei danni provocati da quella della scorsa notte.

In difesa di Venezia intervenne allora anche l’Unesco che, due anni dopo, anche grazie all’interessamento diretto del Direttore Generale, Renè Maheu, pubblicò un Rapporto incentrato su come affrontare le varie questioni intorno alla difesa e alla rivitalizzazione della città. Venezia, insomma, doveva evitare di fare la fine di Atlantide, la civiltà mitologica perduta in fondo al mare.

Un rapporto, secondo Montanelli, che venne ignorato dalle autorità cittadine e che spinse il giornalista a dedicarsi alla difesa della Serenissima. Con titoli come “O sono inetti, O sono ladri”. Una difesa, quella del giornalista di Fucecchio che scatenò da una parte l’indignazione pubblica, furono in tanti a schierarsi con Montanelli chiedendo soluzioni per la criticità della situazione (nacque persino un “Fronte per la difesa di Venezia”), e dall’altra parte la rabbia del sindaco, Favaretto Fisca, e della Dc, che querelarono il giornale di Via Solferino, guidato da Spadolini, e lo stesso Montanelli. Una battaglia legale che conquistò i riflettori di mezzo mondo, durò alcuni anni e che si concluse con un nulla di fatto, ovvero con il ritiro delle querele.

Il documentario, facilmente reperibile online, si apriva con un’immagine che è difficile da dimenticare: un restauratore professionista si aggira nella parte superiore della Basilica di San Marco ascoltando, come fosse un medico, lo stato di salute di sculture, statue e guglie e staccando pezzi interi, in via di deterioramento, da essi. Pezzi pericolosi perché, se si fossero staccati da soli, avrebbero potuto colpire chi passeggiava nella piazza sottostante.

Montanelli scrisse che, per la realizzazione dell’opera, fu mosso non da un criterio “estetico” ma da uno “polemico”. Una lezione che forse servirebbe anche oggi per guardare alla città con occhi diversi, andando oltre la bellezza che la caratterizza e circonda.

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