Cronaca

Cosa ci dicono i dati di Google sugli spostamenti degli italiani durante l’isolamento

Movimenti verso ristoranti e parchi quasi azzerati. Ridotti dell’85% quelli nei negozi di alimentari e farmacie. Calate dell’87% le presenze su metropolitane, autobus e treni.

Ma c’è ancora una parte consistente del Paese che si muove da e verso il posto di lavoro: anche in questo caso la flessione c’è, ma è del 63%. Oltre un terzo degli italiani va ancora in fabbrica o in ufficio. Sono i dati del primo “Report sulla mobilità delle comunità durante COVID-19”, con il quale Google traccia gli spostamenti degli italiani.

L’unico luogo dove gli utenti si geolocalizzano più spesso è, chiaramente, casa propria. Ed è questa la percentuale che sintetizza la rigidità con cui un Paese sta seguendo la clausura: in Italia l’incremento è del 24%. Solo Israele fa di più (+30%) e la Spagna ci si avvicina (+22%).

Una mappa degli spostamenti

Quando cerchiamo un ristorante, Google ci dice anche quanto è affollato e quanto si prevede che lo sia nelle prossime ore. Come fa? Semplice (per Google): individua gli utenti (o, meglio, i loro smartphone) e utilizza i dati in modo aggregati e anonimo. È il principio che consente a Maps di indicare in rosso le aree più trafficate e, se necessario, di ricalcolare il percorso. Adesso Mountain View sta utilizzando la stessa tecnologia per capire quanto e come ci stiamo muovendo durante l’epidemia di coronavirus. “Le autorità sanitarie – fa sapere Google in una nota – ci hanno detto che questo tipo di dati potrebbe essere utile per prendere decisioni critiche”.

Come leggere i dati

Questo primo rapporto mette a confronto le ultime settimane (con dati “aggiornati a 2-3 giorni fa”) con le cinque dal 3 gennaio al 6 febbraio. Le informazioni mostrano quindi come si sono modificate le abitudini nel tempo e nelle diverse aree geografiche (per 131 Paesi). I documenti segnalano le variazioni in termini percentuali e non i numeri assoluti delle visite.

Nel caso dell’Italia, c’è anche un’analisi a livello regionale. Punto percentuale più, punto percentuale meno, la mobilità è molto simile ovunque. Anche se in alcune regioni (a partire dalla Lombardia) il rallentamento è iniziato già nei giorni precedenti, è dal decreto dell’11 marzo che inizia il vero cambiamento.

Chi si è fermato (e chi no)

Le differenze che non si notano a livello regionale, si vedono confrontando i diversi Paesi. La Spagna ha ormai raggiunto numeri simili a quelli dell’Italia. In Francia la mobilità si è molto ridotta, ma il calo sui luoghi di lavoro è più basso (del 56%). I britannici si spostano meno con i mezzi pubblici, ma le presenze nei parchi e negli uffici si è “solo” dimezzata. La Germania ha ridotto attorno al 50% le presenze in negozi di alimentare, farmacie e parchi. Ma quelle sui luoghi di lavoro sono diminuite appena del 39%. L

a maggior parte dei tedeschi continua a lavorare come se nulla fosse. Ancora più blanda è la riduzione della mobilità negli Stati Uniti: le presenze in ristoranti e bar è diminuita del 47%, quella in alimentari e farmacie del 22%, nei parchi del 19%, in ufficio del 38%. Negli Usa, però, ci sono significative differenze tra Stato e Stato. A New York, ad esempio, la clausura non raggiunge i livelli italiani ma è comunque più rigida: le presenze in ufficio e nei parchi si sono quasi dimezzate. Le uscite per fare la spesa sono calate di un terzo.

Sud Corea e Taiwan: ritorno alla normalità

Google non ha formalmente accesso in Cina. Non ci sono quindi dati che riguardano il Paese asiatico. Ci sono però quelli di due Stati che hanno affrontato e arginato l’epidemia presto e in modo efficace: Taiwan e Corea del Sud. Qui la mobilità (che non ha mia avuto crolli paragonabili alle strette europee) sta tornando sui livelli di gennaio. In Taiwan si usano ancora meno i mezzi di trasporto pubblici e si entra poco nei negozi. Si continua a stare molto in casa (+4%).

Ma le presenze in ufficio sono praticamente tornare in pareggio e quelle nei parchi sono aumentate del 17%. Meno trasporti e negozi, più tempo in casa anche in Corea del Sud. Dove però i posti di lavoro segnano ancora un calo del 12%. In compenso, i coreani sono tornati a comprare nei supermercati e a rilassarsi al parco (+51%). Nei due Paesi, quindi, c’è ancora molta cautela e ci si rifugia ancora sul divano. Ma gli spostamenti non sono un tabù, soprattutto per prendere una boccata d’aria.

A cosa servono i dati

I dati, spiega Google, “potrebbero aiutare a comprendere come sono cambiati gli spostamenti essenziali, e in questo modo suggerire raccomandazioni sugli orari di apertura dei negozi oppure su servizi di consegna a domicilio”. O ancora: “Le visite frequenti a determinate stazioni di trasporto pubblico potrebbero indicare la necessità di aggiungere ulteriori autobus o treni, al fine di consentire maggiore spazio e distanziamento sociale tra le persone che devono viaggiare”. In breve: capire quante persone si muovono e come lo fanno potrebbe indicare “linee guida che salvaguardino la salute pubblica e le esigenze essenziali delle comunità”.

Dati e privacy

Sì, ma la privacy? In fondo non cambia nulla rispetto a quello (tanto) che già gli utenti permettono a Google di sapere. Mountain View conferma di usare “la stessa tecnologia” di altri servizi. Come nel caso dei ristoranti più o meno affollati, i dati sono “aggregati e anonimizzati”. Vuol dire che un utente risulta essere seduto a quel tavolo in quella precisa ora, ma che non verrà rivelata la sua identità: “Non verrà resa disponibile alcuna informazione personale identificabile”. Neppure il percorso che ha compiuto. Il rapporto utilizzerà solo i dati degli utenti che hanno attivato la Cronologia delle posizioni, un’impostazione che è disattivata per default. Dopo i primi rapporti, Google “continuerà a lavorare sulla base dei commenti delle autorità sanitarie, delle organizzazioni della società civile, dei governi locali e delle comunità in senso ampio”.

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