Cronaca

‘Corridoi universitari’ per far studiare i rifugiati in Italia

​”Solo il 3% dei rifugiati a livello mondiale è iscritto all’istruzione superiore, contro il 37% della popolazione in generale. Abbiamo l’obiettivo di innalzare questa percentuale al 15% entro il 2030: ci impegniamo a promuovere l’inclusione dei rifugiati nelle università”. L’ha dichiarato la portavoce dell’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati, Carlotta Sami, nella sua prolusione durante la cerimonia d’inaugurazione del 458° anno accademico dell’università di’ Sassari

L’ateneo sardo è uno dei 40 che in tutta Italia hanno sottoscritto il ‘Manifesto dell’università inclusiva’. Il programma è stato lanciato nell’ottobre 2019, per rafforzare le misure di sostegno agli studenti rifugiati e, in alcuni casi, “a garantire uno specifico canale d’ingresso legale di studenti rifugiati provenienti da Paesi di primo asilo – ha spiegato Sami – attraverso il programma chiamato ‘Corridoi universitari’. 

‘Unicore’ è il nome di un progetto per l’accesso sicuro di studenti rifugiati che permette loro di proseguire gli studi in Italia. Il primo, della durata di 24 mesi, ha coinvolto, in particolare, l’università di Bologna, oltre all’Unhcr, che ha curato la documentazione per un gruppo di studenti in Etiopia. “I ragazzi sono qui in Italia”, ha raccontato Sami. “Siamo pronti a una nuova fase del progetto: con più università e un corridoio per un nuovo gruppo di 21 rifugiati di cui due a Sassari”.

Quanti sono i rifugiati in Italia e nel mondo

“Il numero dei rifugiati nel mondo è  il più alto mai registrato e, al di là della percezione comune, la loro presenza si concentrata nei Paesi a reddito medio-basso: 86% vive in Paesi in via di sviluppo”, ha evidenziato la portavoce dell’Unhcr. “Nel 2018 sono stati 71 milioni le persone costrette a fuggire, la metà sono bambini. Lo scenario richiede uno sforzo considerevole della comunità internazionale”, ha aggiunto Sami, ricordando il ‘Global Compact on Refugees’, un patto globale sui rifugiati adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite a fine 2018.

“Sono 153 mila i rifugiati che vivono in Italia“, ha precisato Sami. “Gli investimenti per l’integrazione producono una significativa crescita del Pil; al contrario, la mancata integrazione produce costi sociali che richiedono investimenti nel welfare molto piu’ elevati. Per inclusione sociale intendiamo un processo dinamico a due vie, che richiede l’impegno di tutti i soggetti interessati, compresa la volontà dei rifugiati ad adattarsi, senza rinunciare alla loro identità culturale, e l’impegno delle istituzioni pubbliche ad accoglierli. Serve anche lo sforzo dei privati e della società civile”.

“L’integrazione dei rifugiati risulta più difficoltosa e il gap è più alto rispetto a quello dei migranti, perché questi ultimi hanno pianificato il viaggio”, ha spiegato la portavoce dell’Alto commissariato. “La via per l’integrazione deve passare attraverso l’istruzione”.

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