Stile di vita

Sono 150 anni che andiamo in motocicletta

moto 150 anni

La storia della motocicletta nasce con un numero: 83691. È la cifra che identifica il brevetto depositato dall’ingegnere francese Louis-Guillaume Perreaux il 16 marzo 1869: 150 anni fa.

La prima moto somiglia molto a un normale velocipede, con la ruota anteriore più grande di quella posteriore. Non ci sono pneumatici: sarebbero stati inventati una ventina d’anni dopo da John Boyd Dunlop.

Sotto la sella c’è un motore, che però non è “a scoppio” (altra tecnologia non ancora inventata) e non utilizza quindi aria e combustibile per marciare: la prima motocicletta della storia era a vapore.

Il velocipede si evolve

Il primo prototipo sarà perfezionato e costruito qualche mese più tardi, prendendo il nome di Vélocipede à Grande Vitesse: un pezzo unico, oggi custodito dal Musée de l’Île-de-France, a Sceaux.

Servivano tre minuti per metterlo in moto e, secondo il suo inventore, avrebbe raggiunto i 35 km/h. Una velocità che, vista la tecnologia del tempo, è tutt’altro che confermata.

Per avere una motocicletta più vicina all’idea che ne abbiamo oggi, bisognerà aspettare il 1885, quando Gottlieb Daimler (il fondatore dell’omonimo gruppo) e Wilhelm Maybach hanno un’idea rivoluzionaria: piazzare sotto la sella il motore a scoppio che Nikolaus August Otto aveva inventato nel 1876.

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Le ruote hanno la stessa dimensione, ma non sono due bensì quattro: ce ne sono altre due, più piccole, simili a quelle che si usano sulle biciclette dei bambini. Un accorgimento necessario perché l’idea doveva essere (molto) perfezionata: il motore, a quattro tempi, è ancora troppo pesante e non consente di rimanere in equilibrio. Daimler e Maybach realizzano quello che un ingegnere italiano aveva immaginato.

Si chiamava Giuseppe Murnigotti e, nel 1879, aveva brevettato un veicolo a due ruota con motore che muove “un velocipede usando la forza sviluppata dai gas esplodenti, cioè sostituendo la forza di un motore a gas infiammabile a quella che fa il velocipedista”.

La ruota anteriore è fissa, con quella posteriore a fare da timone, come su una barca. Murnigotti però si fermerà al progetto e non metterà mai le ruote a terra.

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Dalla seconda metà degli anni ’80 dell’800, le dimensioni dei motori si riducono (con l’adozione dei due tempi) e gli pneumatici danno un’ulteriore spinta. Nel 1894, Hildebrand & Wolfmüller provano la prima produzione in serie, ma il mercato non esiste ancora.

Arrivano gli italiani

C’è un piccolo nucleo di pionieri che inizia a promuovere le prime gare, in Francia. E chi si sfida sulle lunghe percorrenze, partendo da Parigi verso Vienna e Madrid.

La passione per i motori arriva anche in Italia. Tra i marchi ancora oggi attivi, Gilera – fondato nel 1909 – è il più antico. Nel 1911 è la volta di Benelli e del primo Moto Club d’Italia, fondato a Milano. Nel 1921 esordisce Moto Guzzi.

La prima guerra mondiale ingrossa le casse dei produttori: Harley-Davidson, fondata nel 1903, arriva a produrre la metà del fatturato dall’industria bellica. Così come Triunph. Il legame tra guerra e moto è profondo: marchi come Husqvarna e Bsa (tra i leader del mercato fino al declino e la chiusura del 1973) erano nati come fabbrica che di armi.

La motocicletta è ormai diventata adulta. Piaggio inventa la Vespa nel 1946, lo stesso anno in cui nasce Ducati. Il Campionato Mondiale di Motociclismo si svolge per la prima volta nel 1949. Se le prime fasi di sviluppo si erano concentrate in Europa, per poi estendersi agli Stati Uniti, dagli anni ’50 iniziano a farsi spazio le case giapponesi come Honda, Kawasaki, Suzuki e Yamaha.

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