Cronaca

L’odissea giudiziaria di Filippo Penati, morto pochi mesi dopo il suo accusatore

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“Mi riprendo la vita”, aveva promesso il 28 settembre di due anni fa subito dopo la lettura della sentenza con cui anche la corte d’Appello di Milano cancellava le accuse di corruzione e finanziamento dei partiti maturate nell’inchiesta sul presunto ‘Sistema Sesto’. Invece Filippo Penati, l’ex presidente Ds della Provincia di Milano ed ex sindaco di Sesto San Giovanni, è morto di cancro a pochi mesi di distanza dall’uomo che gli puntava il dito contro, il procuratore Walter Mapelli, peraltro molto stimato anche dagli avvocati che gli hanno tributato numerosi messaggi di stima alla memoria.

È raro leggere dei giudici che smontino in modo così crudo e veemente una tesi dell’accusa come hanno fatto quelli di Monza nel dicembre del 2015, al primo atto del processo con al centro un presunto groviglio di corruzione e malaffare nella ex ‘Stalingrado d’Italia’. Nelle motivazioni all’assoluzione per Penati, i magistrati scrivevano di “indagini lacunose e superficiali” in relazione agli ipotizzati finanziamenti illeciti ricevuti dall’imprenditore Piero Di Caterina per il Pci prima e per i Ds poi. 

Anche sulla presunta tangente incassata da Penati per l’affare Milano Serravalle con la vendita delle quote alle società del gruppo Gavio si erano mostrati lapidari: “Non è stata acquisita alcuna prova orale o documentale che dimostrasse la fondatezza della tesi accusatoria e cioé che Penati si fosse comunque ingerito nella gestione dell’appalto per l’ampliamento dell’ A/7. (…) Tutte le decisioni furono assunte in totale autonomia dagli organi amministrativi di Milano Serravalle senza alcuna interferenza da parte della Provincia di Milano e del suo massimo rappresentante”.

I pubblici ministeri si erano difesi dalla debacle sostenendo che “la prescrizione aveva sfasciato l’indagine”, facendo cadere l’accusa di concussione nei confronti di Penati per un presunto giro di mazzette in cambio di concessioni edilizie sulle ex aree Falck e Marelli di Sesto San Giovanni. Il politico aveva dichiarato in un primo momento che avrebbe rinunciato alla prescrizione, ma poi non aveva mai formalizzato l’istanza. Aveva poi presentato un ricorso alla Cassazione (“la prescrizione era stata chiesta dai pm, non da me”) per poter essere giudicato nel merito ma gli ‘ermellini’ lo avevano respinto addebitando la decisione di non farsi processare allo stesso Penati.

Nel luglio di quest’anno, l’ultimo capitolo giudiziario con la Corte dei Conti che, in appello, lo aveva condannato a risarcire, insieme ad altre persone, oltre 44 milioni corrispondenti al danno erariale causato alla Regione Lombardia per l’acquisto da parte della Provincia di Milano del 15% delle azioni della Milano – Serravalle dal gruppo Gavio a prezzi considerati poco equi. In primo grado era stato assolto. Dopo questa decisione, Penati aveva annunciato ricorso e svelato di avere un cancro: “Ce l’ho da un anno e i medici concordano che è anche conseguenza della mia vicenda giudiziaria. Questa è la sfida più importante della mia vita”.

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