Cronaca

Le tre cose che ancora non tornano nell’omicidio di Luca Sacchi

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Maria Laura Antonelli / AGF

Luca Sacchi

A poco più di un mese dalla morte di Luca Sacchi, il personal trainer di 24 anni freddato davanti alla sua fidanzata Anastasia nei pressi del John Cabot, pub in zona Appio, restano ancora dei punti oscuri che le indagini della procura (non concluse) dovranno chiarire.

1 – Perchè Anastasia non ha raccontato quello che sa?

Ha solo paura di pagarla cara? Per chi indaga, anche se il suo fidanzato è stato ucciso, la 25enne ucraina ha preferito “preservare le relazioni criminali acquisite nel mondo della droga, con il quale non intende recidere i legami”. Per la procura, allo stato delle indagini, sul conto della vittima non sono emersi minimi elementi per poter dire che fosse a conoscenza delle fasi che hanno caratterizzato l’operazione di compravendita con i pusher di San Basilio. Al contrario, gravano pesanti indizi su Giovanni Princi, amico di infanzia di Luca, ben introdotto nel mondo della droga, e soprattutto sulla fidanzata, cui vengono attribuiti un ruolo centrale nella vicenda e una freddezza quasi professionale. Lei aveva lo zaino che custodiva i soldi destinati all’acquisto di 15 kg di marijuana.

2 – Che fine hanno fatto i 70 mila euro nello zainetto di Anastasia?

Non è chiaro. Gli inquirenti, anzitutto, scoprono l’importo esatto intercettando le conversazioni di Valerio Del Grosso, il 21enne di San Basilio che materialmente ha sparato il colpo di pistola che ha ucciso Luca. È lui a parlare di questi 70 mila euro con Marcello De Propris, fornitore della droga e dell’arma. Del Grosso, quando il giorno dopo il delitto si ‘confessa’ al datore di lavoro, si lascia sfuggire la frase ‘Scappiamo in Brasile, tanto abbiamo 70 mila euro”. Dove sia finita questa somma è però ancora da accertare. E lo zainetto viene ritrovato privo del suo contenuto a Tor Bella Monaca.

3 – Dove è stata nascosta l’arma?

Non c’è ancora traccia della calibro 38, che Marcello De Propris ha messo a disposizione di Del Grosso e Pirino. Va verificata l’ipotesi che sia stata restituita al ‘legittimo’ proprietario che il giorno dopo l’agguato al telefono dice a Del Grosso ‘mongoloide, portame la tuta’, dove “il termine tuta – evidenzia la procura – indica convenzionalmente la pistola”.

La mazza da baseball, invece, è stata ritrovata e sequestrata. Per il gip Costantino De Robbio, la pistola è stata portata sulla scena del crimine appositamente carica e pronta all’uso. Ciò significa che Del Grosso e Pirino avevano deciso di servirsene se non fosse bastata la mazza da baseball per vincere la resistenza di Anastasia e del suo fidanzato. 

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