Cronaca

“L’antimafia va esportata in Europa”, dice Piera Aiello, tra le 100 donne più influenti del mondo

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“Vedere il mio volto assieme a quello di donne davvero eccezionali è un’emozione indescrivibile, spero di poter portare i temi della lotta alla mafia e della tutela dei collaboratori anche in Europa”. a parlare è Piera Aiello, deputata del M5s e testimone di giustizia originaria di Partanna (Trapani), che iniziò a collaborare con il magistrato Paolo Borsellino, e adesso è stata riconosciuta dalla BBC tra le 100 “most powerfull women”. 

Onorevole Aiello, cosa ha pensato quando è venuta a conoscenza di questo riconoscimento?

“In realtà non ho neanche capito di cosa si trattasse. La BBC mi ha chiesto una foto e altri dettagli sula mia biografia e ho girato le richieste alla mia collaboratrice che mi ha guardato con gli occhi sbarrati perché invece conosceva questo riconoscimento. Sono onorata ma nello stesso momento tutto ciò mi fa paura. Sono sempre andata nelle scuole e nessuno conosceva il mio viso. È un balsamo per il cuore, che spesso è stato ferito. Ho avuto molte critiche, alcune davvero brutte. Sono una persona che viene davvero dal basso ed è fantastico ritrovare il mio volto assieme a quello di donne così eccezionali”.

Questi riflettori potranno dare maggiore risalto alle istanze che riguardano il sistema di gestione di collaboratori e testimoni di giustizia?

“Sì, in realtà è la prima cosa a cui ho pensato. Mi auguro davvero che questo riconoscimento possa servire a portare avanti le mie idee, magari facilitandomi questo compito che finora è stato abbastanza ingrato. Quando si parla di tematiche che riguardano i collaboratori di giustizia o i testimoni – di cui molti ancora non conoscono la differenza – c’è molta confusione. Noi abbiamo un apparato legislativo funzionante, ma perfettibile (a partire dalle migliorie che potremmo apportare al Servizio centrale di protezione), altri paesi europei sono davvero in altro mare”.

È possibile esportare in Europa i sistemi di lotta alla mafia in Europa?

“Con la commissione Antimafia siamo stati ad Amsterdam e parlando con i delegati olandesi ho provato a capire cosa stanno facendo per prevedere la figura dei collaboratori e testimoni di giustizia e mi sono resa conto che loro sono completamente fuori da tutto: per questo ho offerto la mia collaborazione a titolo gratuito e sono a loro disposizione. È giusto che la nostra esperienza vada oltre le Alpi e forse nei Paesi Bassi metteranno su una commissione apposita”.

È importante sia il riconoscimento del reato di associazione mafiosa, che la confisca dei beni.

“La confisca dei beni ha messo all’angolo i mafiosi che da alcuni anni portavano e portano i loro soldi e i loro affari in altri paesi europei, come la ‘ndrangheta che si sta espandendo in Stati in cui non si prevede la confisca dei beni. In Italia appena vengono arrestati i loro beni passano al setaccio. Ovviamente però stiamo parlando di una legge che risale ad oltre trent’anni fa: di certo in questa legislatura lavoreremo per migliorarla”.

Crede che in Europa esiste questa sensibilità?

“Le risposte che abbiamo avuto dalla Cedu la dicono tutta: l’Europa non è ancora nell’ottica della lotta alla mafia. Come si fa a dire che l’Italia è dura contro i mafiosi? Sono uomini che hanno devastato famiglie e istituzioni e l’unica via che hanno è quella della collaborazione con la giustizia. Questa legge fu davvero voluta da Falcone e Borsellino che grazie a questo riconoscimento istruirono il Maxiprocesso. In Europa si disinteressano, ma poi quando ci sono episodi come la sentenza della Cedu o le richieste di scarcerazione di Brusca, diventano tutti intenditori.

A proposito della vicenda Brusca, cosa pensa della proposta di prevedere un contratto tra gli aspiranti collaboratori e lo Stato?

“Sono d’accordo sull’idea di realizzare un contratto di collaborazione con i collaboratori, in cui si preveda prima di tutto le tempistiche delle loro dichiarazioni e la tutela dei loro familiari, che invece non vengono mai presi in considerazione dal Sistema centrale di protezione. Il collaboratore non può rilasciare dichiarazioni a vita: deve dire tutto e subito. Da quando sono in Commissione ho avuto contezza di collaboratori che rilasciano nuove dichiarazioni a distanza di 20 anni, mi sembra un po eccessivo. Si può redarre un contratto in cui si prevedano gli sconti di pena, ma mettendo nero su bianco le regole che devono rispettare”.

In Cassazione è iniziata la discussione della sentenza sul processo Mafia Capitale. Crede che ancora una volta la politica dovrà far tesoro del lavoro dei magistrati?

“Ho una fiducia sfegatata nei magistrati e nella magistratura. Ho conosciuto e conosco magistrati fantastici e penso che come nel caso di Mafia capitale (il 18 ottobre potrebbe arrivare la sentenza della Cassazione, ndr) a volte la politica ha bisogno di recepire le indicazioni che emergono dai Tribunali. Se adesso abbiamo delle leggi all’avanguardia è grazie al lavoro della magistratura. In Italia abbiamo magistrati che conoscono benissimo le mafie e le nuove evoluzioni. Il caso Csm non va dimenticato, nessuna categoria è immune da errori, ma dobbiamo ammettere che dei magistrati italiani ci si può fidare”.

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