Cronaca

La storia dei bimbi di Bibbiano, dall’inizio 

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E’ la mattina del 27 giugno scorso quando i carabinieri di Reggio Emilia, che indagano su presunte irregolarità che avrebbero caratterizzato la gestione di minori in affido nel comune di Bibbiano (della provincia di Reggio Emilia), eseguono una serie di misure cautelari nell’ipotesi che ci sia un’organizzazione che, nel manipolare le testimonianze di bambini, sottragga i piccoli a famiglie in difficoltà per assegnarli, dietro pagamento (si sospetta un giro d’affari di migliaia di euro), ad amici o conoscenti ritenuti ufficialmente più idonei.

L’indagine, denominata ‘Angeli e Demoni’, prende di mira lo stesso sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti (poi sospeso dalle sue funzioni dal prefetto) e poi assistenti sociali, medici e psicologi. Frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, maltrattamenti su minori, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d’uso e lesioni gravissime sono i reati formulati a vario titolo dalla procura.

Carletti (che si autosospende dal Pd per motivi di opportunità) va ai domiciliari per abuso d’ufficio e falso: avrebbe disposto “lo stabile insediamento di tre terapeuti privati della onlus Hansel e Gretel nei locali della struttura pubblica “La Cura”, della cui istituzione si era personalmente occupato anche attraverso pubblici convegni in cui era relatore e ai quali venivano invitati a partecipare (retribuiti) gli operatori” e non avrebbe seguito “la procedura” corretta di affidamento dei servizi ai terapeuti.

La onlus Hansel e Gretel

Ai domiciliari finiscono anche una responsabile del Servizio sociale integrato di una Unione di Comuni, una coordinatrice del medesimo servizio, una assistente sociale e due psicoterapeuti della onlus “Hansel e Gretel”, Claudio Foti e la moglie. L’inchiesta era cominciata l’anno prima a seguito di una anomala escalation di denunce alla magistratura da parte dei servizi sociali coinvolti che avevano segnalato casi di abusi sessuali e violenze a danni di minori commessi da parte dei genitori.

Le segnalazioni si rivelano infondate e la svolta arriva quando i carabinieri scoprono come falsi i documenti redatti dagli stessi servizi sociali in complicità con alcuni psicologi, poi trasmessi all’autorità giudiziaria. Per gli investigatori, il ‘modus operandi’ era semplice: si realizzava la diagnosi di una mirata patologia post traumatica a carico dei minori, condizione questa necessaria a garantirne la presa in carico da parte della onlus coinvolta nell’inchiesta.

Imprecisioni e fake news

Il pagamento delle prestazioni psicoterapeutiche avveniva quindi in assenza di procedura d’appalto: gli affidatari venivano incaricati dai servizi sociali di accompagnare i bambini alle sedute private di psicoterapia e di pagare le relative fatture a proprio nome. Mensilmente gli affidatari (e cioè amici e conoscenti legati ai servizi sociali) ricevevano rimborsi sotto una simulata causale di pagamento, falsando così i bilanci dell’Unione dei Comuni coinvolti.

Imprecisioni e fake news caratterizzano sin da subito questa complessa e delicata vicenda: nell’illustrare le pratiche poste in essere dagli indagati allo scopo di creare “prove” da utilizzare poi contro i genitori naturali, viene ipotizzato l’utilizzo di una “macchinetta della verità” a impulsi elettromagnetici per alterare la memoria dei bambini e stimolare “falsi ricordi di abusi sessuali”.

In realtà non c’era nessuna macchina per l’elettroshock, ma solo uno strumento usato in psicoterapia per mandare ai pazienti stimoli acustici e tattili. Gli investigatori portano alla luce anche innocenti disegni dei bambini che venivano falsificati, attraverso la mirata “aggiunta” di dettagli a carattere sessuale; le loro abitazioni erano descritte falsamente come fatiscenti e gli stati emotivi dei piccoli indicati nelle relazioni non erano corrispondenti al vero.

I carabinieri ritengono che i minori, tolti alle famiglie, venivano inseriti in un percorso di cura gestito dalla onlus “Hansel e Gretel”, un centro privato gestito da Foti e dalla moglie Nadia. Il tribunale del Riesame, però, revoca i domiciliari per il primo e ne dispone l’obbligo di dimora per la mancanza dei “gravi indizi di colpevolezza”.

Nel frattempo alcuni bambini coinvolti nella vicenda degli affidi illeciti stanno tornando a casa. Il Tribunale dei minori di Bologna, che sta esaminando tutti i casi al centro dell’indagine, ha deciso il loro ricongiungimento con le famiglie.

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