Cultura

Il potere? Una storia raccontata da donne. Parola di Elena Ferrante

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Gli uomini “per secoli hanno colonizzato la narrazione”. Ma ora “quell’epoca è finita”. Lo scrive Elena Ferrante, in un saggio breve pubblicato dal New York Times nell’ambito di una serie di articoli in cui una decina di pensatori rispondono ad u’unica domanda. Questa: “Cos’è il potere?”.

Risponde la scrittrice: “Difficile da maneggiare, grandemente desiderato, per millenni ogni espressione del potere è stata condizionata da atteggiamenti maschili nei confronti della realtà. Pertanto alle donne sembra che il potere possa essere esercitato solo nelle modalità in cui gli uomini lo hanno esercitato tradizionalmente”.

In realtà “una forma di potere che mi ha affascinato sin da quando ero giovane era il potere della narrazione”. Una forma di potere “non insignificante perché il racconto dà forma all’esoerienza, può attirare il lettore nella sua rete, portare ordine al caos della realtà sotto il proprio sigillo, e da questo punto di vista non è poi così lontana dal potere politico”.

Dieci giornate e sette giovani narratrici

Al momento della lettura del Decamerone di Boccaccio, ricorda Elena Ferrante, l’impressione fu che il padre della narrativa europea “desse una certa speranza”: sette dei dieci giovani che raccontano le novelle nelle dieci giornate erano donne. “Nel mondo reale le cose erano molto diverse”, aggiunge.

Infatti “il potere è ancora fermamente nelle mani degli uomini e se, in società dalle solide tradizioni democratiche, ci viene dato più frequentemente accesso a posizioni di comando, questo avviene solo a condizione che da parte delle donne si dimostri l’aver interiorizzato il metodo maschile nell’affrontare e risolvere i problemi”.

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 Scena dal Decamerone di Giovanni Boccaccio (Leemage/AFP)

Fortunatamente “le cose vanno cambiando rapidamente, ed i successi al femminile si moltiplicano” e sempre meno si sente affermare, come fosse un complimento, “Sei brava, sembri un uomo”. Si fa sempre più concreta l’idea che “il potere che le donne richiedono debba essere così solido ed attivo da permetterci di fare senza più apprezzamento maschile di sorta”

“Le sette narratrici del Decamerone non dovrebbero mai più essere messere in condizione di dover ricorrere a Giovanni Boccaccio per esprimersi”, conclude la scrittrice, “Insieme alle loro innumerevoli lettrici (già Boccaccio sapeva bene che gli uomini hanno altre cose da fare e quindi leggono poco) loro sanno come descrivere il mondo in modo del tutto originale. La narrazione femminile, operata con sapienza sempre più grande, sempre più diffusa e impertinente è ciò che deve ora assumere il potere”. 

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