Cronaca

Il notaio che ha segnalato Siri fu sospeso per “stakanovismo”

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Paolo De Martinis: è questo il nome, secondo quanto apprende l’Agi, del notaio che ha segnalato a Banca d’Italia Armando Siri per la vendita di un immobile a Bresso. Sempre secondo quanto ricostruisce l’Agi, il professionista è stato al centro di una disputa finita anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo per presunte irregolarità nello svolgimento del suo lavoro.

Stando a quanto riportato in un’ordinanza della Corte di Cassazione datata 30 gennaio 2018, il professionista era stato sospeso dalla Commissione di disciplina notarile per dieci mesi (poi ridotti a otto dalla Corte d’Appello), per ‘violazione del principio della personalità della prestazione per abnorme attività di stipula”. 

“Era risultato – si legge nel documento – che De Martinis manteneva un ‘gravissimo ed eccessivo carico di lavoro’ che nell’anno 2014 lo aveva portato alla stipula di 3.489 atti a raccolta, con incrementi rispetto al passato considerati anomali per la loro entità”. Un carico che “aveva comportato la necessità di far luogo alla stipula nella stessa giornata, in città diverse, in media di quasi 16 atti al giorno”. Troppo, secondo la Commissione di Disciplina, per garantire una prestazione adeguata in modo da assicurare “la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto”.

Inoltre, sempre stando alla lettura dell’ordinanza, gli sono stati contestati “notevoli ritardi” nelle trascrizioni “per un arco temporale significativo”. De Martinis si era difeso sostenendo che vada abbandonata la “vecchia visione del notaio” in favore di “una nuova figura che non necessita piu’ del notaio che ‘appare’ ma che ‘parla di sè’ attraverso la qualità dei suoi atti che attesta anche la personalità della prestazione attraverso un’efficiente prestazione della sua presenza”.

Un modo di lavorare che però, la Cassazione, rigettando il ricorso di De Martinis, ha definito “un modello manageriale futuribile, allo stato contrastante con la legge”. Il notaio ha poi fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

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