Cronaca

Il grido di dolore di Papa Francesco per l’Amazzonia che brucia

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TIZIANA FABI / AFP

Papa Francesco

Quando “senza amore e senza rispetto si divorano popoli e culture, non è il fuoco di Dio, ma del mondo”: Papa Francesco celebra in San Pietro la Santa Messa in occasione dell’apertura dell’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per la Regione Panamazzonica che si svolge in Vaticano fino al 27 ottobre, e mette in guardia la Chiesa dall’avidità dei nuovi colonialismi, e dal “fuoco divoratore” che divampa quando “si vogliono portare avanti solo le proprie idee, fare il proprio gruppo, bruciare le diversità per omologare tutti e tutto”.

“Quante volte – ha affermato – il dono di Dio non è stato offerto ma imposto, quante volte c’è stata colonizzazione anziché evangelizzazione!”. E ha attaccato in modo implicito il governo Bolsonaro: “Il fuoco appiccato da interessi che distruggono, come quello che recentemente ha devastato l’Amazzonia, non è quello del Vangelo. Il fuoco di Dio è calore che attira e raccoglie in unità. Si alimenta con la condivisione, non coi guadagni”.

Tanti fratelli e sorelle in Amazzonia “portano croci pesanti e attendono la consolazione liberante del Vangelo, la carezza d’amore della Chiesa. Tanti fratelli e sorelle in Amazzonia hanno speso la loro vita”, ha aggiunto Francesco ripetendo le parole del cardinale Claudio Hummes (Relatore generale del Sinodo speciale per l’Amazzonia, ndr) che quando “arriva in quelle piccole città dell’Amazzonia, va nei cimiteri a cercare la tomba dei missionari. Un gesto della Chiesa per coloro che hanno speso la vita in Amazzonia. E poi, con un po’ di furbizia, dice al Papa: ‘Non si dimentichi di loro. Meritano di essere canonizzati’. Per loro, per questi che stanno dando la vita adesso, per quelli che hanno speso la propria vita, con loro, camminiamo insieme”, ha esortato il Pontefice.

In San Pietro oltre ai tanti padri sinodali anche molti rappresentanti delle popolazioni indigene della regione Panamazzoniche. Il Papa nell’omelia ha sottolineato il senso della missione per i vescovi: aver ricevuto “un dono per essere doni”. “Non abbiamo firmato un accordo, non abbiamo ricevuto un contratto di lavoro in mano, ma mani sul capo, per essere a nostra volta mani alzate che intercedono presso il Signore e mani protese verso i fratelli”, ha rimarcato.

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TIZIANA FABI / AFP

Papa Francesco

I vescovi non diventino “funzionari” che si servono della Chiesa: “Un dono non si compra, non si scambia e non si vende: si riceve e si regala. Se ce ne appropriamo, se mettiamo noi al centro e non lasciamo al centro il dono, da Pastori diventiamo funzionari: facciamo del dono una funzione e sparisce la gratuità, e così finiamo per servire noi stessi e servirci della Chiesa. La nostra vita, invece, per il dono ricevuto, è per servire”.

Ecco quindi l’espressione di “servi inutili”, ossia “servi senza utile” che non si dà da fare “per raggiungere un utile, un guadagno”. Per essere fedeli alla missione, ha proseguito Francesco, occorre ravvivare il dono, “dare vita a un fuoco” che “non si alimenta da solo, muore se non è tenuto in vita, si spegne se la cenere lo copre. Se tutto rimane com’è – ha avvertito – se a scandire i nostri giorni è il ‘si è sempre fatto cosi”, il dono svanisce, soffocato dalle ceneri dei timori e dalla preoccupazione di difendere lo status quo”.

L’elogio della prudenza

E riprendendo l’esortazione apostolica post sinodale Verbum Domini di Benedetto XVI, Francesco ha rimarcato: “In nessun modo la Chiesa può limitarsi a una pastorale di ‘mantenimento’, per coloro che già conoscono il Vangelo di Cristo. Lo slancio missionario è un segno chiaro della maturità di una comunità ecclesiale”.

“Perché la Chiesa – ha aggiunto a braccio – sempre è in cammino, sempre in uscita, mai chiusa in sè stessa. Gesù non è venuto a portare la brezza della sera, ma il fuoco sulla terra”. Lo Spirito Santo “ispiri il nostro Sinodo a rinnovare i cammini per la Chiesa in Amazzonia, perché non si spenga il fuoco della missione”, ha continuato il Pontefice che ha sottolineato che “Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Qualcuno pensa che la prudenza è la virtù ‘dogana’, che ferma tutto per non sbagliare. No, la prudenza è virtù cristiana, è virtù di vita, anzi, la virtù del governo. E Dio ci ha dato questo spirito di prudenza”. Che “non è indecisione, non è un atteggiamento difensivo”. 

“È la virtù del Pastore, che, per servire con saggezza, sa discernere, sensibile alla novità dello Spirito. Allora ravvivare il dono nel fuoco dello Spirito è il contrario di lasciar andare avanti le cose senza far nulla. Ed essere fedeli alla novità dello Spirito è una grazia che dobbiamo chiedere nella preghiera. Egli, che fa nuove tutte le cose, ci doni la sua prudenza audace; ispiri il nostro Sinodo a rinnovare i cammini per la Chiesa in Amazzonia, perché non si spenga il fuoco della missione”.

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