Cronaca

Il caso dell’hamburgeria di Eataly raccontato dall’inzio

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Sigrid Gombert

 La cucina di un’hamburgeria

Porta il nome di Eataly ma il colosso fondato da Oscar Farinetti non c’entra: l’Hamburgeria di Settimo Torinese, cui i carabinieri hanno apposto i sigilli la mattina del 13 febbraio, è gestita da una società a parte che fa capo a un imprenditore di nome Giuseppe Soldano. A determinare la chiusura dell’esercizio commerciale è il suo coinvolgimento in una vicenda che vede accusate complessivamente 31 persone per i reati di riciclaggio, auto-riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori.

Eataly, ribadendo “la sua totale estraneità alla vicenda”, ha fatto sapere di aver “provveduto alla richiesta di immediata cessazione dell’utilizzo del marchio e all’interruzione del qualsivoglia legame di affiliazione commerciale tra il locale di Settimo Torinese” e il proprio nome.

Il marchio è di Eataly ma la società è diversa

L’affiliazione a Eataly avviene in franchising, la pratica commerciale che prevede che una nuova attività non parta da zero, ma sfrutti un marchio già noto a fronte di un corrispettivo economico. Nel caso di Eataly, si legge sul sito, l’affiliazione costa 50 mila euro come fee d’ingresso, cioè la cifra da versare al momento dell’accordo, cui si aggiungono le spese (sempre a carico dell’imprenditore che intende aprire il punto vendita) per l’allestimento del locale: circa 300 mila euro. A questo importo, indispensabile per avviare l’attività, si aggiungono le royalties, cioè i versamenti alla casa madre sugli incassi: in questo caso la cifra pattuita equivale al 3% del fatturato imponibile del locale. In media, si legge sempre sul sito, un’hamburgeria Eataly aperta in franchising ha un fatturato di 800 mila euro annui, con picchi di 1 milione e 200 mila euro.

Lingotti d’oro, società fantasma e fatture false. E i soldi sparivano

Come detto, a finire nel mirino degli inquirenti è stato il gestore dell’hamburgeria di Settimo Torinese, Giuseppe Soldano. L’imprenditore è una delle sei persone finite in manette nel corso dell’operazione Avatar: l’indagine, che ha portato alla chiusura del punto vendita e al sequestro totale di 29 società, nasce però da più lontano. La vicenda ha infatti a che fare con il ritrovamento di 75 lingotti d’oro in uno store box piemontese, quei magazzini che chiunque può affittare per depositare gli oggetti che vuole.

Il ritrovamento risale a fine gennaio quando, da un magazzino di corso Giulio Cesare a Torino, i carabinieri tirano fuori lingotti d’oro e più di 600 mila euro in contanti, per un valore complessivo di oltre un milione di euro. Un tesoretto che fa partire le indagini: sei imprenditori finiscono in manette, tra cui proprio il titolare dell’hamburgeria. L’accusa è ricettazione: era proprio Soldano “il titolare del contratto di affitto del box in cui erano stati trovati i lingotti”, spiega Torino Today. Proseguendo con le indagini i carabinieri hanno poi scoperto che il gruppo criminale, grazie a intestazioni fittizie e società create ad hoc, percepiva fondi pubblici e privati attraverso truffe, illecite detrazioni fiscali e frodi bancarie per diversi milioni di euro.

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